Prima dell’arrivo di Maradona il Napoli sfiorò lo scudetto con un indimenticabile stagioneNapoli aveva sempre sognato lo scudetto e ci arrivò vicinissima in un memorabile campionato del 1974-75. La squadra era allenata dal brasiliano Luis Vinicius de Menezes, meglio conosciuto come Vinicio, già nel cuore dei tifosi partenopei per i suoi trascorsi di attaccante nella compagine partenopea negli anni ’50. Vinicio conquistò il pubblico campano a suon di gol e grinta tanto da meritarsi il soprannome di “o lione” per la sua grinta, potenza ed innata classe. Ma ancor più Vinicio divenne il faro del Napoli come allenatore di una squadra composta da calciatori dai nomi non altisonanti ma armati da uno spirito di corpo forse unico nella storia del calcio italiano. Già ad onor del vero nel campionato precedente (1973-74) il Napoli aveva ottenuto un brillante terzo posto alle spalle di Lazio e Juventus e sulla base di quella formazione si rivelò nel campionato successivo come una compagine compatta e coriacea. Vinicio introdusse tattiche rivoluzionarie all’interno ed all’esterno del rettangolo di gioco. Inventò il calcio totale come si diceva all’epoca all’olandese con inserimento del terzino fluidificante, dell’ala tornante, la tattica del fuorigioco che impegnava tutti i difensori ed i centrocampisti. Ancor più la rivoluzione avvenne negli spogliatoi e negli allenamenti e la parola d’ordine era : collettivo. Infatti furono coinvolti tutti i giocatori , gli allenatori in seconda , quello dei portieri, i massaggiatori, i magazzinieri, i medici sociali e per la prima volta fu ingaggiato uno psicologo. Le decisioni sia tattiche che tecniche erano collettive e prese sempre di comune accordo. Vinicio fu capace di creare quasi un tacito codice di autodisciplina che doveva portare i calciatori stessi al pensare collettivo , di gruppo. Tutti o quasi i calciatori del Napoli si adattarono con convinzione e passione a quella weltanschaung proposta dall’allenatore. Fece eccezione solo un centrocampista di riserva Ezio Vendrame che spiegò dettagliatamente la sua poca dimestichezza a quel metodo nel libro autobiografico “Se mi mandi in tribuna ….godo!” . Vendrame era un vero giocoliere che amava gli scherzi e le goliardate dentro e fuori dal campo. La compagine aveva una formazione base con nomi assolutamente non altisonanti ma si rivelò altamente proficua e spettacolare nel suo ruolino di marcia con Carmignani, Bruscolotti, Pogliana, Burgnich, La Palma, Orlandini, Massa, Juliano, Clerici, Esposito, Braglia. Una squadra spettacolare tanto da marcare ben 50 gol, un vero record nei campionati catenacciari della serie A di quei tempi a sedici squadre. Vinicio introdusse il rituale dell’ingresso in campo dei calciatori circa un’ora prima della partita per sondare il campo ma soprattutto per creare l’atmosfera del collettivo tra tutti i calciatori riserve incluse. Quel campionato fu vinta dalla squadra più detestata dai tifosi azzurri: la Juventus; ma i vincitori morali furono loro per spettacolo e soprattutto per l’impianto rivoluzionario che riuscirono ad imporre al calcio italiano in quel campionato. Ad onor del vero la vituperata Juventus fu facilitata da cinque rigori, alcuni dei quali molti dubbi e tutti determinanti. Ricordo perfettamente l’esordio stagionale del Napoli contro l’Ascoli vinto per 3-1 con tripletta di Giorgio Braglia, un’ala sinistra velocissima , capellone e baffuto capace di far volare al vento i suoi capelli nei suoi micidiali scatti. Il Corriere dello sport titolò il giornale con un : “Braglia, Braglia, Braglia, Napoli a mitraglia!”. Braglia era capace di marcare gol impossibili, così come di sciupare occasioni ghiotte e facili. Insieme al centravanti brasiliano (unico straniero titolare) Sergio Clerici formava un tandem d’attacco implacabile. Clerici era determinatissimo tanto che Vinicio gli affibbiò il soprannome in portoghese “o gringo”.

Le partite più attese dai tifosi partenopei furono certamente quelle contro la rivale di sempre la Juventus. Una terribile , quanto rocambolesca disfatta all’andata sul terreno del San Paolo di Napoli quando la compagine campana perse per 2-6. Quel giorno nel primo tempo la tatica del fuorigioco non funzionò e gli azzurri andarono negli spogliatoi col risultato di 0-3. Vinico scosse i suoi ragazzi nell’intervallo chiamando lo psicologo ed il medico sociale a sostegno. L’effetto fu immediato ed una squadra trasformata giocando con generosità riuscì a portarsi sul 2-4, nella foga generosa di riscatto il Napoli ebbe la sua occasione di riaprire la partita quando gli fu concesso un sacrosanto rigore. Clerici contro il mitico Dino Zoff dal dischetto, la possibilità per la squadra vesuviana di passare al 3-4; la dea bendata anche in quell’occasione si dimenticò del Napoli, ad un Zoff completamente spiazzato tuffatosi dal lato sbagliato corrispose sull’altro lato un tiro netto di Clerici dal dischetto che fece la barba al palo. La partita non si riaprì ed ahimè i partenopei persero per 2-6. Quella partita fu l’unica nota stonata di tutto quel campionato. Vinicio con grande cuore nelle interviste post partita ringraziò tutti i suoi ragazzi per il notevole impegno profuso nonostante il risultato negativo. Tutt’altra musica nella gara di ritorno a Torino, dove un magistrale Napoli ad un solo punto dalla rivale in classifica generale a poche giornate dal termine del campionato compresse la Juventus nella sua metà campo sfoderando forse il più bel gioco di quel campionato. Purtroppo anche in quel caso la fortune arrise alla Juventus ed i due protagonisti furono due ex: il mitico portierone Dino Zoff autore di una decina di interventi risolutivi, tra cui una parata in doppio colpo di reni su di una punizione battuta da capitan Juliano e il brasiliano Altafini che aiutato da un fortunoso rimpallo insaccò la rete napoletana a pochi minuti dal termine determinando la vittoria della Juventus per 2-1, negando così al Napoli la gioia del primo scudetto. Altafini si beccò il soprannome di “Core ‘ngrato” dai napoletani. Ma lo spettacolo profuso in quella partita come nel resto del campionato fecero dal Napoli e di Vinicio i vincitori morali di quel campionato. All’unisono la stampa italiana diede l’onore delle armi a quella compagine capace di entusiasmare il cuore dei suoi tifosi.

Vinicio entrò nel cuore non solo dei tifosi napoletani , ma anche in quello di tutti gli sportivi più veri e genuini. Signorilmente in ogni intervista , con qualsiasi tipo di risultato elogiava immancabilmente gli avversari e soprattutto i suoi “ragazzi”, come amava chiamarli. Quasi sempre concludeva l’intervista con la positiva ed augurante frase :” l’importante che i miei ragazzi abbiano giocato bene e questo sia di buon auspicio per il nostro prossimo impegno.”. Ero un adolescente a quel tempo e trascinato dal mio fratello maggiore e da altri amici mi appassionai a quella squadra ed ancor più al suo allenatore sempre capace di seminare positività ed allegria tra i tifosi ed i simpatizzanti. Sono passati quaranta anni, ma lo ricordo come se fosse ieri: l’entusiasmo contagiante che trasmetteva quella squadra basata sul collettivo, sullo spirito di corpo, sulla filosofia della prevalenza dell’azione comunitaria rispetto all’evanescenza dell’azione del singolo. In quella squadra e di quei tempi andarono a segno ben dieci calciatori diversi. Se potessimo etichettare Vinicio in un gioco politico-calcistico lo potremmo pacificamente definire un trozkysta del calcio: una rivoluzione permanente per migliorare la qualità del calcio , dello spettacolo e della vita.