Il voto a Napoli sancirà, dopo 10 anni, il cambio di fase. Nel 2016 la rielezione di Luigi de Magistris arrivò con una vittoria al secondo turno sul candidato di centrodestra, Gianni Lettieri: al sindaco uscente andarono il 66,85% dei consensi ma al ballottaggio votò solo il 36% degli aventi diritto (283.542 residenti). Il Pd ottenne appena l’11,6% e la sua candidata sindaca, Valeria Valente, arrivò terza. I 5S, che presentavano il loro candidato alla poltrona di primo cittadino, ottennero il 9,6% cominciando una fase di crescita elettorale. Nel centrodestra Fi ottenne il 9,6%, la Lega non c’era e FdI raccolse l’1,3%.

IL MONDO ARANCIONE si è disseminato tra gli schieramenti, l’assessora uscente Alessandra Clemente non è riuscita a tenerlo insieme così corre con due civiche e Potere al popolo. «Abbiamo alle spalle un’esperienza amministrativa senza macchia – ha postato su Fb -, non avevamo potentati economici o grandi apparati. Gli altri pensano che basti una foto con Conte o un titolo di un giornale per abbatterci».

Il centrodestra è passato da un imprenditore a un magistrato, Catello Maresca. La Lega non c’è ma avrebbe voluto esserci: la consegna delle liste è andata male e il Consiglio di Stato ne ha sancito la cancellazione, insieme alla due civiche di Maresca. FdI e Lega hanno anche perso metà dei candidati presidente nelle Municipalità. E Fi ha subito una scissione, con un pezzo transitato nel centrosinistra. Il partito di Meloni potrebbe superare i forzisti ma, come ha spiegato l’Istituto Cattaneo, dopo 30 anni resta uno schieramento minoritario a Napoli. A sancire il disinvestimento sulla città è stata l’assenza dei leader nazionali. Ieri la commissione Antimafia ha reso nota la lista degli impresentabili, uno nelle comunali partenopee: Carlo De Gregorio, della lista Essere Napoli (nella coalizione di Maresca), a causa di una condanna in primo grado per importazione, detenzione e commercio di sostanze stupefacenti.

PER MANFREDI, invece, si sono spesi i big giallo rossi ma ogni partito si è organizzato la campagna per sé (con l’eccezione di Provenzano e Fico giovedì sera alla festa all’Arenile). Ieri mattina è arrivata Maria Elena Boschi: Iv si presenta in una lista organizzata dai fuoriusciti di Fi, come ipotizzava Renzi sul piano nazionale prima della pandemia. «A Napoli abbiamo fatto un progetto nuovo con la lista Azzurri Napoli Viva – ha spiegato Boschi -. Sulle città è più semplice un percorso comune».

IL PD ha organizzato la sua chiusura nel pomeriggio a Scampia con il figlio del governatore, Piero De Luca, e il ministro Andrea Orlando. Tra i dem locali il ragionamento è questo: «Abbiamo ereditato un partito bassoliniano che non si poteva più presentare nei territori. Adesso siamo credibili e al centro di una coalizione con un orizzonte di governo». Orlando ai comitati di quartiere promette di incontrarli subito dopo il voto, sul tavolo i fondi del Pnrr: «Per interessi, ambizioni, per ripicca si sono messe in campo delle candidature che non sono credibili oltre i confini di Napoli. Date un segnale per far arrivare le risorse al Sud. Ci sono politici contro il reddito di cittadinanza, una crociata contro i poveri come 10 anni fa, quando si presero i fondi europei per portarli al Nord». Un passaggio anche sulle altre città: «L’alleanza con il M5S ai ballottaggi è una strada obbligata per battere la destra».

Tra i candidati c’è Antonio Bassolino: ieri manifestazione in piazza del Gesù con Nino D’Angelo: «Mi rivolgo agli elettori di sinistra, di centro e di destra» ha detto dal palco. Con Bassolino si sono schierati gli ex Msi capitanati da Amedeo Laboccetta, delusi da Maresca ma anche (come ha spiegato Mario Landolfi) per mettersi di traverso all’alleanza Pd-5S.

I PENTASTELLATI erano a piazza Dante con i ministri Di Maio e D’Incà, il presidente Fico e la star Giuseppe Conte, con Manfredi a fare la spola tra Scampia e il palco 5S. È stato lo stesso Manfredi a introdurre «l’amico Giuseppe» sul palco. Anche qui la promessa sono i fondi del Pnrr: «Qualcuno si era illuso che il Movimento si frantumasse – ha attaccato Conte con una verve che ricordava il primo Berlusconi -. Ci hanno chiamato scappati di casa ma abbiamo preso le decisioni che hanno portato il Pil a crescere del 6%. Per le politiche la traiettoria progressista è ormai tracciata».

LA SFIDA è chi prenderà più voti tra i 5S e il Pd: il patto per Napoli dovrebbe sancire l’alleanza per le elezioni nazionali, un accordo che a Roma non si è trovato, ma non cancella la rivalità. A Napoli si spera in una vittoria al primo turno. Per riempire la piazza bus da fuori città. Cosa che non è sfuggita ai dissidenti, in campo con Matteo Brambilla e la lista Napoli in Movimento: «Non andiamo in pullman organizzati a fare spettacoli con figuranti. Giriamo in camper alla vecchia maniera».