Un secolo fa, le cerimonie per ricordare i cent’anni dalla morte di Napoleone erano state l’occasione per il lancio di quello che sarebbe diventato il più famoso profumo del mondo, Chanel n. 5. Ieri, nessun profumo e nessuna leggerezza nelle polemiche che hanno accompagnato quella che l’Eliseo ha voluto come «commemorazione» di un «essere complesso», personaggio fondamentale della storia di Francia. «Napoleone è parte di noi – ha affermato Emmanuel Macron, in un discorso all’Institut de France, prima di depositare una corona di fiori sulla tomba dell’imperatore agli Invalides, sovrastata dal lavoro – controverso, evidentemente – dell’artista Pascal Convert con la riproduzione dello scheletro del cavallo Marengo, il preferito dell’imperatore (custodito dal 1831 dal National Army Museum di Londra).

MACRON HA COSÌ VOLUTO «guardare in faccia la storia», senza «agiografia, né diniego né pentimento». Ha evidenziato il Napoleone che apre «tutti i possibili», motore della storia, che evidentemente lo ispira. «Aquila e orco», è l’ambiguità del personaggio che ha «affidato la Repubblica all’Impero»: un discorso per conciliare gli opposti, tra la sinistra che ritiene che Napoleone sia l’affossatore della Rivoluzione e la destra che lo considera un eroe, come De Gaulle.
Perché proprio Napoleone, quando il presidente ha rifiutato di commemorare i 150 anni della Comune, a marzo? La polemica infuria da mesi e per molti è la prova di una scelta di campo, a un anno dalle presidenziali: la linea politica spinge verso destra. Nel momento attuale di centralità degli studi post-coloniali, già il Primo Console è una statua da sbullonare, responsabile della reintroduzione della schiavitù nelle Antille nel 1802, otto anni dopo l’abolizione da parte della Rivoluzione. «Una colpa, un tradimento dello spirito dell’Illuminismo – ha sostenuto Macron – che al tempo stesso ha invitato a «conoscere la storia», a «lottare contro l’ignoranza»: non concedere «nulla a chi vuole cancellare il passato» e «cedere alla tentazione anacronistica di giudicarlo con lo sguardo di oggi». Per affievolire le polemiche, ha aggiunto: il dibattito va «lasciato agli storici», affinché indaghino «l’opera totale di Napoleone in chiaro e scuro», che «non ha ancora rivelato tutti i segreti». Il 10 maggio, nella giornata dedicata alla lotta alla schiavitù, Macron ricorderà i venti anni della legge Taubira sulla schiavitù «crimine contro l’umanità».

Macron
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NAPOLEONE È UN SOGGETTO storico altamente infiammabile, in Francia. Lo è stato da sempre. Nessun predecessore di Macron nella V Repubblica (a parte Pompidou nel 1969), infatti, ha mai ritenuto opportuno avventurarsi nel terreno scivoloso di una commemorazione di qualche data importante legata all’imperatore (Chirac aveva trovato una scusa per non ricordare i 200 anni di Austerlitz nel 2005).
L’eredità di Napoleone impregna ancora oggi la Francia: il codice civile, i licei, il «bac» (l’esame di maturità), la Corte dei Conti, il Consiglio di stato, i Prefetti, la Legion d’onore, la Banque de France, il ruolo della scienza, risalgono all’imperatore, controverso iniziatore dello stato moderno.

L’ALTRA FACCIA della medaglia, che nella storiografia assume oggi maggiore importanza, oltre al ritorno della schiavitù, sono le centinaia di migliaia di morti delle guerre («le cannonate della campagna d’Italia», ha ricordato Macron), la gestione del potere da autocrate, la colonizzazione, la limitazione della libertà di stampa, le mire imperialiste, la «famiglia» piazzata nei vari regni subalterni, il «grande misogino» (per la ministra della parità, Elisabeth Moreno) che ha codificato l’inferiorità della donna. Ci sono le leggi speciali per le colonie, le cui conseguenze si pagano ancora oggi. C’è il nazionalismo moderno, che per alcuni storici è all’origine delle tragedie europee successive. «La Rivoluzione è finita – sancì Napoleone il 18 Brumaio (9 novembre 1799). Nel 1795 aveva represso un’insurrezione monarchica, che voleva il ritorno all’Ancien Régime. Il Memoriale di Sant’Elena è stato utilizzato da rivoluzionari e riformatori in Europa nel XIX secolo. E la medesima inconciliabile ambiguità la ritroviamo all’estero: «Dio della guerra» per il prussiano Clausewitz, «spirito del mondo a cavallo» per il filosofo Hegel, Napoleone è un mostro in Spagna, un tiranno in Olanda, un dittatore in Gran Bretagna, ma un eroe in Polonia, un esempio in America Latina, mentre nelle vallate della Savoia diventate francesi in quel periodo è ricordato per aver dato la libertà di culto ai Valdesi.
Ora, a pochi giorni dal lancio della Conferenza per il futuro dell’Europa, domenica 9 a Strasburgo, Napoleone evoca per Macron la forza della volontà. Anche se alla fine delle sue conquiste sanguinose, ha lasciato una Francia più piccola di quella che aveva ereditato. Napoleone, al tempo stesso «anima del mondo e demone per l’Europa», parola di Macron.