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Naoko Yamada, l’emozione animata

Naoko Yamada, l’emozione animata

Film Le note originali di «Liz e l'uccellino azzurro», in arrivo in Italia a quattro anni di distanza dall'uscita giapponese

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 2 aprile 2022

Uscito in Giappone quattro anni fa, arriva finalmente in Italia il lungometraggio d’animazione Liz e l’uccellino azzurro diretto da Naoko Yamada. Nato come spin-off della popolare serie animata Sound! Euphonium – composta da due stagioni televisive a loro volta basate sui romanzi della scrittrice Ayano Takeda incentrati sull’orchestra di un club di musica di un liceo – la regista Yamada è stata tanto abile da farne un’opera fruibile senza bisogno di aver visto la serie. Inoltre, coadiuvata dall’abile sceneggiatrice Reiko Yoshida, è riuscita a rendere Liz e l’uccellino azzurro una delle più interessanti e valide pellicole d’animazione giapponesi degli ultimi vent’anni. Qui, a differenza di molte delle opere dei registi Hayao Miyazaki, Mamoru Hosoda o Makoto Shinkai, se c’è un elemento fantastico, questo riguarda soltanto le parti in cui è rappresentato per immagini il brano musicale, che ha, per l’appunto, lo stesso titolo del film.

Le due ragazze protagoniste, Mizore Yoroizuka, che suona l’oboe, e la flautista Nozomi Kasaki, dovranno eseguirlo insieme, in un momento che rappresenta il punto centrale della vicenda in quanto cambierà non solo il rapporto tra di loro ma anche la visione che hanno del mondo. Per il resto, l’ambientazione è quella scolastica di un liceo, descritta con grande naturalezza e grazia, tanto che i cambiamenti d’umore e persino di carattere delle protagoniste sono accompagnati dal mutare dei colori degli ambienti. Realmente molto giapponese nella maniera di raccontare, nei dialoghi misurati e nelle atmosfere, il che può richiedere uno sforzo in più allo spettatore occidentale, ripaga con una cascata di colori, immagini e suoni di grande stimolo. Ci troviamo in presenza, grazie alle stupende e spesso molto originali inquadrature, di un’opera che unisce magistralmente elementi tipici dell’animazione a tecniche caratteristiche dei film con attori veri, creando davvero qualcosa di nuovo e mai visto prima. Intimistico, ma allo stesso tempo grandioso, descrive l’amicizia, e forse qualcosa di più, tra due giovani donne nel loro passare dall’adolescenza all’età adulta; quel momento di presa di coscienza che porta all’abbandono di una fanciullezza ovattata priva di responsabilità per giungere alla comprensione dei sentimenti altrui e delle strutture della società.

La brillante carriera di Yamada, contraddistinta da una lunga gavetta iniziata nel 2004 con il suo ingresso nella Kyoto Animation, uno degli studi giapponesi più apprezzati per la qualità delle sue produzioni, ha senza dubbio contribuito a fare di lei uno dei registi d’animazione nipponici oggi più interessanti e da seguire con attenzione. Se già nel film La forme della voce (2016) aveva sperimentato e affinato la sua visione cinematografica, in questo caso, avendo solo delle vaghe linee guida e per il resto la più totale libertà, ha potuto sviluppare ulteriormente la sua ricerca. Ciò si osserva anche nella scelta di non seguire le quattro ragazze protagoniste della serie, ma due personaggi secondari dai caratteri completamente opposti come la timida e introversa Mizore e l’energica e solare Nozomi.

Nel complesso, un film come Liz e l’uccellino azzurro può forse aiutare a mettere in chiaro come una delle caratteristiche che sembra ricorrente nei lavori d’animazione più personali di Yamada – cioè quelli da lei firmati come regista – sia qualcosa che, in modo un po’ approssimato ma non per questo falso, potremmo chiamare la rappresentazione delle emozioni. In sé, non un tema particolare, anzi: tutta l’arte, da sempre, si occupa di questo. In Yamada, la cosa interessante è però andare a guardare la costruzione dell’emozione in relazione alle storie, ai personaggi, al linguaggio utilizzato. Così facendo, si può forse capire la cura da lei impiegata nel maneggiare l’argomento, lavorando sulle sfumature in modi molto efficaci ed evitando facili concessioni ai sentimentalismi.

Se si tralasciano le prime prove – la serie K-On! (2009-2011) e il film lungometraggio legato al progetto (2011); la serie Tamako Market (2013) e il film lungometraggio   (2014) – un punto di svolta lo si può forse identificare proprio con La forma della voce. Quest’opera ha come ambientazione un montaggio di scenari oramai classici nell’animazione giapponese contemporanea: la scuola; le dinamiche tra studenti e studentesse e quelle tra figli/figlie e genitori. In tutto questo, Yamada riesce però a sviluppare un discorso non banale su come si legano comunicazione ed emozione, servendosi – per esempio – delle caratteristiche dei suoi personaggi. Il film tratta di bullismo, diversità, accettazione di sé e molto altro, e lo fa seguendo l’evoluzione della storia tra Shouya e Shouko. All’inizio, Shouya bullizza Shouko alle elementari perché sorda, per poi trovarsi a sua volta escluso da tutti e tutto. A suo modo, un disadattato. Qualche anno dopo, ritroverà poi Shouko e con lei, per lei e lui stesso cercherà un percorso di redenzione e di cambiamento rispetto a quanto fatto e a quello che era. Qui, non sappiamo cosa ci sia tra i due, se amicizia o altro. E questo è senz’altro un pregio del film. Tutto rimane «sulla soglia». Il fatto che Shouko non riesca a parlare non impedisce la comunicazione tra i due, anzi: permette alla regista di farci leggere «tra le righe» le emozioni che provano entrambi, affidandole al non-detto, ai gesti, alla forza visiva di certe scene.

In un certo senso, Yamada porta ancora più avanti in termini estetici questa idea di relazione apparentemente inespressa in cui si trovano due persone con Liz e l’uccellino azzurro. Qui, a fare da mediazione narrativa, non c’è più la presenza di un personaggio disabile ma – come detto – la musica, con tutto quello che ne può conseguire. Se si vuole, il film si può allora interpretare come una «prova» continua in cui Mizore e Nozomi vivono il contatto tra loro, alla ricerca di una specie di «accordo» esistenziale che, alla fine, le porterà ad esprimersi all’unisono. Non ci sono spiegazioni, non c’è un prima né un dopo: l’intensità delle emozioni delle due protagoniste emerge attraverso molte sfumature, più come esperienza da percepire che tema da analizzare.

Infine, con la sua ultima fatica, la serie Heike Monogatari (2021), il discorso si fa decisamente più intellettuale, dal momento che si tratta di un adattamento di un classico della letteratura giapponese. Tuttavia, il tratto stilistico rimane: una messa in scena dei sentimenti dei personaggi in cui tutto è immanente e allusivo di qualcosa di più profondo allo stesso tempo.

Liz e l’uccellino azzurro (Rizu to aoi tori, 1 h 30’, regia di Naoko Yamada, Kyoto Animation, 2018) è distribuito e doppiato in italiano da Koch Media e Anime Factory. È acquistabile o noleggiabile su YouTube. È inoltre su iTunes, Google Play, TIMvision, Chili e Mediaset Infinity. Prossimamente sarà disponibile anche in home video (DVD e Blu-ray).

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