Alabama 1944: sotto lo spettro delle Leggi Jim Crow (emanate tra il 1876 e il 1965 che di fatto servirono a creare e mantenere la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici) le famiglie nere, specialmente in una piccola cittadina come Abbeville, spesso si trovano a vivere a pochi passi da bianchi con cui condividono lo stesso cognome, perché i loro antenati sono stati gli schiavi delle loro famiglie. È questo il caso di Recy Taylor, il cui cognome da nubile – Corbitt – è lo stesso dello sceriffo che investigherà sul suo stupro, cercando di insabbiarlo. Tornando di sera dalla messa, Recy viene infatti rapita da sei ragazzi bianchi portata nel bosco e violentata a turno. La sua storia, esemplare della sorte di centinaia di altre donne nere, viene raccontata dal documentario di Nancy Buirski, presentato a Venezia in Orizzonti, The Rape of Recy Taylor. Il materiale d’archivio è poco: «Nelle biblioteche di Abbeville e Montgomery quasi tutti i documenti sul suo caso, gli articoli di giornale eccetera, erano scomparsi» spiega la regista, che per raccontare questa storia fa quindi ricorso soprattutto alle testimonianze: dei fratelli di Recy, dei pochi parenti degli stupratori che hanno accettato di parlare con lei, e della storica e professoressa di studi African American a Yale Crystal Feimster, a Venezia insieme a Buirski per presentare il film. La vicenda di Recy Taylor è esemplare anche perché, senza piegarsi alla paura, la donna denuncia il crimine subìto, che dieci anni prima del boicottaggio dei bus porta a Abbeville l’attivista Rosa Parks, venuta a investigare dopo la denuncia di Recy, su cui si concentra l’attenzione della nazione e che segnerà in questo modo – nonostante la prevedibile assoluzione dei suoi assalitori – un capitolo fondamentale nell’emancipazione dei neri americani.

La regista Nancy Buirski
La regista Nancy Buirski

Il film esce in una fase cruciale della storia statunitense, all’indomani delle rivolte di Charlottesville.

Nancy Buirski: È un argomento che è sempre stato rilevante, ma i questo momento siamo molto esposti al pensiero dei suprematisti bianchi, che sta prosperando sotto la presidenza Trump. Ma è una storia che poteva accadere in qualsiasi epoca: parliamo di una mentalità che purtroppo cambia difficilmente, e gli studiosi scoprono continuamente vicende simili a quella di Recy.
Crystal Feimster: In un momento come quello attuale è più facile intravedere la continuità, il filo rosso che unisce passato e presente.

Il caso Recy è rilevante anche rispetto alla condizione delle donne in tutto il mondo

N.B.: «È dai tempi dello schiavismo che in America le donne nere vengono considerate come una proprietà. Ma anche le leggi sul matrimonio riflettono questa mentalità: le donne non sono mai state considerate uguali agli uomini».
C.F.: «Nei miei studi sul Sud americano del XIX secolo è evidente come anche le donne povere bianche siano vulnerabili, per loro era molto difficile ottenere giustizia in tribunale. La storia di Recy si colloca al crocevia tra sessismo e razzismo. E ancora oggi c’è un pregiudizio diffuso nei confronti delle donne che vengono stuprate: basta pensare allo scandalo sulle registrazioni di Trump che si vantava di aver molestato delle donne.

La vicenda di Recy Taylor ha contribuito alla lotta per l’emancipazione.

N.B.: Quello di Recy non era un caso isolato: è stato scelto dagli attivisti perché era esemplare, e per molte sue caratteristiche si prestava meglio alla lotta. Lo stesso è successo con il matrimonio dei Loving, la coppia interrazziale grazie alla quale la Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale la proibizione del matrimonio tra bianchi e neri (al quale la regista ha dedicato un altro doc, The Loving Story, ndr). In base a quella che veniva definita la «politica della rispettabilità», il fatto che la coppia fosse composta da un uomo bianco e una donna African American ha agevolato le cose.

Quali reazioni ha suscitato ad Abbeville la vostra ricerca?

N. B.: Abbiamo avuto molti problemi: il nostro direttore della fotografia è stato cacciato da una fattoria, anche se stava solo filmando dei campi di cotone, e il nostro ricercatore è stato minacciato. Quindi abbiamo cercato di andarcene da lì il prima possibile.