Come tutti gli sport che si giocano all’aperto, anche il tennis è soggetto all’imprevedibilità delle condizioni climatiche. Ne sa qualcosa Alexander Zverev che ha visto sfumare la possibilità di rivincere a un anno di distanza il titolo agli Internazionali di Roma, dopo che in modo alquanto sorprendente aveva ribaltato il match con Rafa Nadal.

Se nel primo set, disputato in una giornata estiva (la stessa che precedentemente aveva visto trionfare per la seconda volta consecutiva Elina Svitolina in un match senza storia con Simona Halep), lo spagnolo aveva fatto valere la sua consueta superiorità tattica e fisica sull’amata terra rossa, nel secondo parziale succedeva quello che a molti pare ovvio e che parimenti, alla prova dei fatti, sembra impossibile da praticare. Cioè che Zverev diventasse più aggressivo e che facesse pagare a Nadal la posizione molto arretrata sul campo costringendolo a inseguire la pallina senza poter contrattaccare col suo dritto mancino.

Facile a dirsi, difficile a prodursi, se non fosse che, contemporaneamente alla ritrovata spregiudicatezza del tedesco di famiglia russa, accadeva anche che il maiorchino accorciasse le sue tremende traiettorie dai rimbalzi alti e tendenti, oltre che a buttare fuori dal campo l’avversario irretendolo con palleggi estenuanti e colpi quasi ad altezza spalla, a fiaccarne energie fisiche e mentali. Perciò, mentre sul centrale gremito del Foro Italico si passava repentinamente dall’estate all’autunno, al 6-1 di Nadal corrispondeva tra lo stupore generale l’identico 6-1 di Zverev.

Il terzo set non sembrava tanto diverso dall’andamento del secondo. E, infatti, il ventunenne numero tre del mondo (che sta esibendo numeri pari se non superiori persino al Federer di quindici anni fa) si portava di slancio sul 3-1, pronto ormai allo sforzo finale per alzare il suo quarto Master Mille della carriera. Era proprio a quel punto che entrava in gioco la pioggia, fino a quel momento debole e ininfluente. L’acqua iniziava a cadere con insistenza costringendo il giudice di sedia a sospendere la partita prima per dieci minuti e poi per altri cinquanta. Al ritorno in campo l’abitudine a questo tipo di sfide e la forza mentale di Nadal facevano la differenza. Pronti via, lo spagnolo ritrovava i suoi colpi, recuperava il break (sancito anche da un dritto del giovane contendente finito in mezzo alla rete) e in un attimo si ritrovava con le braccia al cielo dopo un parziale di 5-0 che sanciva il definitivo 6-3 a suo favore.

Ottavo trionfo romano, settantottesimo titolo in carriera, nuovamente in vetta alla classifica del circuito (per restarci dovrà rivincere a Roland Garros), è letteralmente impossibile enumerare tutti i record in continua evoluzione del trentaduenne (il prossimo 3 giugno) di Manacor. Per Nadal, evidentemente, la legge della conservazione della massa non vale come per i comuni mortali. Perché da quel fisico che ha subito numerosi infortuni e che pareva logoro dopo anni di tennis giocato a livelli insostenibili per gli altri (chiedere a Novak Djokovic e Andy Murray che hanno provato a imitarlo e ora sono a pezzi), si sprigionano energie che non sembravano esserci e che invece appaiono d’incanto per superare l’ennesima prova.

Prossima destinazione Parigi. Obiettivo principale, oltre a rimanere numero uno del mondo, alzare per l’undicesima volta (la prima nel 2005) il massimo trofeo della terra rossa. Un successo che al momento è scontato perché non si vede all’orizzonte chi possa impegnarlo per almeno tre ore (Thiem, un ritrovato Djokovic, lo stesso Zverev?), se non di più, mantenendo lo stesso elevato livello di gioco sul Philippe Chatrier, il campo centrale dove solo due tennisti sono riusciti nell’impresa di interrompere per un breve attimo il dominio di Nadal, lo svedese Robin Söderling (2009) e il già citato Djokovic (2015).

Zverev, dal canto suo, è alla quinta sconfitta su cinque match con lo spagnolo. Tre di questi sono stati molto equilibrati e quasi vinti. Il tedesco, però, non deve preoccuparsi, perché come accade sempre nello sport, prima o poi lui sarà un “Nadal” per altri “Zverev”. È la logica del gioco e dunque anche del tennis. A campione succede campione. Una legge che ovviamente non vale per Nadal e per Roger Federer (lo svizzero che aspetta l’erba per tornare a giocare), gli unici due capaci di ereditare anno dopo anno il trono da loro stessi.