Mutti, per i tedeschi, sarà un po’ meno la strega cattiva per gli altri europei, soprattutto quelli che si sono macchiati della colpa del debito? La Francia e l’Europa del sud erano già rassegnate a un Merkel III, ancora prima del voto di domenica, che ha confermato il successo della cancelliera, ora come mai “regina d’Europa”. La vita dell’Unione europea è stata un po’ sospesa per mesi, in attesa del voto tedesco. Adesso ci sono grosse decisioni da prendere. L’eventualità di una grande coalizione, con un’Spd in posizione di debole comprimario, non dovrebbe imprimere una svolta importante nella gestione delle questioni europee, del resto rimaste molto in secondo piano per tutta la campagna elettorale. François Hollande, che è stato tra i primi a congratularsi con Angela Merkel, domenica sera, ha manifestato “la volontà di continuare a lavorare senza tregua al riavvicinamento tra la Francia e la Germania e a proseguire la stretta cooperazione per affrontare le nuove sfide della costruzione europea”. Tradotto in altri termini, anche Parigi prosegue nella priorità data ai rapporti intergovernativi rispetto a un approccio comunitario.

Il primo banco di prova sarà l’Unione bancaria. In campagna elettorale, anche il socialdemocratico Peer Steinbrück era stato molto freddo (“come si puo’ chiedere ai contribuenti tedeschi di pagare gli errori delle banche spagnole?”). La Germania non vuole che la Commissione gestisca in prima persona la supervisione del settore bancario europeo affidata tecnicamente alla Bce (le banche regionali tedesche hanno qualcosa da nascondere). Anche se il partito anti-europeo Afd non ha superato lo sbarramento del 5%, questi voti pesano visto che all’orizzonte ci sono le elezioni europee, oltre al fatto che l’euroscettica Csu è uscita rafforzata dalle elezioni in Baviera: la riforma dei trattati europei non sarà molto probabilmente all’ordine del giorno nei prossimi mesi e di Eurobond non si dovrebbe più sentir parlare. La situazione dell’euro resta fragile. I paesi del sud sono ancora in difficoltà. Merkel è in questo periodo praticamente paralizzata su questo fronte, in attesa della decisione del tribunale costituzionale di Karlsruhe, che tra qualche settimana dovrà dire se gli interventi della Bce a favore dei paesi in crisi non siano andati al di là di quello che permette la Costituzione tedesca (il ricorso era stato presentato anche da un deputato della Csu).

La seconda questione che resta sul tavolo è la crisi del debito. I paesi sotto tutela (Irlanda, Portogallo e Grecia) avranno bisogno di nuovi piani di aiuto. Alla fine del 2012, nell’ambito dell’applicazione del Six Pack, ben 13 paesi della Ue (Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna comprese) sono stati dichiarati in disequilibrio, che, per quanto riguarda la Spagna, è stato poi considerato “eccessivo” alla fine del cosiddetto “semestre europeo”. Di fronte, anche la Germania potrebbe venire giudicata in disequilibrio, ma per ragioni diametralmente opposte: il suo saldo positivo dei conti con l’estero ha di fatto superato il limite del 6% del pil. Di fronte a questa divergenza sempre più ampia, i tedeschi non si muoveranno per accrescere i meccanismi di solidarietà. Più che favorire politiche di stimolo alla crescita, i tedeschi ritengono che la via d’uscita sia il recupero di competitività delle economie in difficoltà del sud Europa. Non c’è quindi da attendersi una svolta su questo fronte, a parte la conferma del Meccanismo europeo di stabilità. Per Merkel, in Europa, il 2014 non sarà facile: la presidenza semestrale a rotazione va nelle mani di due stati cicala, la Grecia da gennaio a fino giugno, seguita dall’Italia. Dovrà navigare tra l’opposizione dei contribuenti tedeschi a pagare per chi ha accumulato deficit eccessivi e la crescita di sentimenti anti-tedeschi che ultimamente si è diffusa in Europa. Per di più, le elezioni europee rischiano di dare spazio alle posizioni euroscettiche (Afd, ma anche Csu bavarese), mentre la presidenza greca proporrà un vertice, Salonicco II, con lo scopo di stabilire una data per il prossimo allargamento della Ue ai paesi dei Balcani, altri pesi dall’economia debole. L’Europa politica, che la Francia promuove soprattutto per quello che riguarda la difesa comune, sarà un’altra sfida per la Germania di Merkel, che crede soprattutto alla potenza economica per far fronte alla mondializzazione (Berlino non ha partecipato all’intervento in Libia e frena con i due piedi sulla Siria).