I fratelli Gian Marco e Massimo Moratti sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Cagliari nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di un operaio in un incidente sul lavoro avvenuto nell’aprile del 2011 alla Saras di Sarroch. Vittima, un dipendente della società siciliana Starservice, Pierpaolo Pulvirenti. La tragedia avvenne nella raffineria sarda di proprietà dei Moratti l’11 aprile di due anni fa. La notizia dell’iscrizione dei fratelli Moratti nel registro degli indagati, per il reato di omicidio colposo, è stata confermata dal procuratore della Repubblica di Cagliari, Mauro Mura.

La famiglia Moratti è proprietaria della Saras di Sarroch, la raffineria sulla costa sud occidentale della Sardegna, a circa 20 chilometri da Cagliari, dove nell’aprile del 2011 perse la vita l’operaio siciliano di 25 anni che lavorava per una ditta che si occupava di lavori di manutenzione. Nell’incidente erano rimasti feriti altri due giovani operai, Gabriele Serrano e Luigi Catania.

Pulvirenti morì in ospedale, poche ore dopo il ricovero, per aver inalato idrogeno solforato mentre era impegnato in lavori di manutenzione di un serbatoio.
Sempre nello stabilimento della Saras il 26 maggio del 2009 persero la vita tre operai, anche loro intossicati. Per quella tragedia, nel luglio del 2011 erano stati condannati per omicidio colposo il direttore della raffineria di Sarroch ed il direttore generale della Saras, ma era stata esclusa la responsabilità amministrativa della società dei Moratti.
A Sarroch però non c’è soltanto un problema di sicurezza delle condizioni di lavoro. C’è anche una grave emergenza ambientale e sanitaria. Pochi giorni fa sono stati pubblicati sulla rivista Mutagenesis, edita dal dipartimento di medicina dell’università di Oxford, dati dai quali risulta che i bambini che vivono a Sarroch sono vittime di mutazioni genetiche in percentuali di molto superiori alla norma. Anche Vincenzo Migaleddu, responsabile dell’Isde (International Society of Doctors for the Environment Sardegna) ha lanciato un grido d’allarme: «Il rischio segnalato da Mutagenesis è reale – avverte Migaleddu in un’intervista sul quotidiano La Nuova Sardegna – Ci sono dati consolidati che lo confermano. Il caso di Sarroch e della costa orientale cagliaritana ha connotati preoccupanti: gli otto ricercatori italiani e stranieri, tra cui il celebre epidemiologo fiorentino Annibale Biggeri, che hanno redato l’articolo apparso sulle rivista britannica hanno studiato gli effetti dell’esposizione al benzene e ad altri componenti degli idrocarburi su 75 bambini, confrontando poi il loro stato con un gruppo di coetanei di Burcei. Le alterazioni del Dna sono accertate, semmai va tenuto conto del fatto che alterazioni analoghe si potrebbero riscontrare su bimbi che vivono in un’area urbana come Cagliari. Per una ragione semplicissima: in molte città il livello di esposizione all’inquinamento è estremamente elevato, spesso simile alle aree industriali».

Ecco, il passo successivo di quel lavoro importantissimo potrebbe essere proprio questo, valutare se l’impatto dell’inquinamento urbano sull’organismo umano sia pari a quello industriale. «Stiamo parlando del Dna, della sua capacità di esprimersi – avverte, sempre nell’intervista alla Nuova Sardegna, Migaleddu – e le conseguenze possono essere tumori e altre patologie importanti. In Sardegna la situazione più critica è quella di Porto Torres, dove continua ad essere versata in mare una quantità enorme di veleni. Ma anche gli altri siti, dal Sulcis a Sarroch, rappresentano un pericolo ormai accertato, sul quale si continua a sorvolare».