Chi s’intende di voto d’apparato indica Dino Bramanti come il favorito per la vittoria a Messina. Dalla sua parte il professore ha l’estabilishment, col marchio Musumeci per «amore della città». Proviene da una delle enclave del potere messinese: l’Irccs neurolesi Bonino-Pulejo, dove fino alla sua candidatura ricopriva l’incarico di direttore scientifico.

Ad appoggiarlo c’è quasi tutto il centrodestra: Fi, Lega, FdI e «Diventeràbellissima» di Musumeci. Ma c’è soprattutto Francantonio Genovese, l’ex dominus della politica a Messina, finito nei guai giudiziari col suo impero di corsi professionali, trascinando nelle aule di tribunale familiari e sodali. Ventimila voti è la dote che Genovese riesce a spostare a ogni tornata elettorale, prima al servizio del Pd, poi, quando i dem gli voltarono le spalle nel pieno dell’inchiesta della procura di Messina, a servizio di Forza Italia.

Bramanti vuole il Ponte sullo Stretto, vecchio pallino di destra. Dice che affiderà la decisione sull’opera, che ha bruciato milioni di euro ai tempi di Berlusconi tra progettazioni e cataste di carte prodotte da studi d’ingegneria, a un referendum popolare. «Faremo un referendum per capire se la città lo vuole, niente proteste né incatenamenti, su questo punto, sebbene io e Renato Accorinti siamo molto amici, abbiamo visioni differenti», ha detto nei giorni scorsi. E proprio su Accorinti aggiunse: «Dobbiamo fare sacrifici tutti, essere inclusivi, e risolvere i problemi della città che non sono colpa di Accorinti, attenzione. Dal 2003 al 2012 Messina ha vissuto anni terribili».

La sua discesa in campo non è piaciuta però a un pezzo di centrodestra, che gli ha voltato le spalle. A rosicchiargli consensi saranno l’ex capogruppo di Fi in Consiglio comunale Pippo Trischitta, che si presenta con due liste, e l’ex presidente del Consiglio comunale Emilia Barrile, anche lei Fi. Pesca nel centrodestra anche Cateno De Luca, deputato regionale Udc, sostenuto da sei liste col quale Bramanti aveva tentato un accordo, scivolando su una frase omofoba per poi chiedere scusa dopo gli attacchi dell’Arcigay.

Sull’altro fronte, il Pd schiera in asse con i centristi di Casini il costituzionalista Antonio Saitta, accompagnato da sei liste, tra cui quella di Art.1. Una scelta che ha rotto l’asse con Sinistra italiana, che invece ha schierato i propri candidati nelle liste a sostegno di Renato Accorinti. L’ex capo del genio civile Gaetano Sciacca è il candidato del M5s.