Centrodestra alla resa dei conti in Sicilia. Il voto per i grandi elettori del Capo dello Stato rende ufficiale la spaccatura in atto da mesi nella coalizione. Impallinato dai franchi tiratori, Nello Musumeci è solo terzo, dietro non solo a Gianfranco Miccichè – suo grande nemico politico – ma persino a Nunzio Di Paola, il deputato su cui M5s e Pd hanno fatto convergere i propri voti. Uno sgarbo istituzionale e politico insopportabile per il governatore, andato su tutte le furie. E che era pronto a dimettersi, mandando a casa in anticipo di undici mesi i parlamentari siciliani, salvo dopo qualche ora ripensarci: «Non mi dimetto, ma azzero la giunta».

Nonostante il faccia a faccia di tre giorni fa con Miccichè proprio per evitare il baratro nella votazione di ieri pomeriggio, il presidente della Regione ha ricevuto ugualmente la batosta. Di Paola è stato votato anche da pezzi del centrodestra. Con Miccichè nell’incontro riservato era stato perentorio: «Io non ci sto, sono pronto a dimettermi se mi tradiscono». Alla fine ha ricevuto appena 29 voti, Miccichè 44 e Di Paola addirittura 32, otto in più rispetto alla consistenza delle opposizioni all’Ars. Un affronto. «Basta, mi dimetto», aveva detto a caldo agli assessori dopo averli riuniti nella stanza del governo di palazzo dei Normanni, subito dopo il voto. A quel punto tra i deputati della maggioranza in frantumi è scoppiato il panico, mentre dalle opposizioni arrivavano le richieste di dimissioni. Il governatore avrebbe voluto comunicarle direttamente all’aula parlamentare. Ma con la complicità delle colombe del centrodestra, Miccichè ha evitato la clamorosa debacle della maggioranza, rinviando la seduta alla prossima settimana.

E così il governatore, rimasto in aula per un’ora in attesa di potere parlare, alla fine ha lasciato l’Assemblea inferocito: «Non posso non prendere atto del e del suo significato politico, se qualche deputato, vile e pavido, si fosse illuso con la complicità del voto segreto, di avere fatto un dispetto alla mia persona, si dovrà ricredere. Azzero la giunta, faremo un esecutivo che dovrà portarci all’ultimo giorno. Parlerò con i rappresentanti dei partiti, chiederò di darmi una rosa di assessori, alcuni saranno confermati». E sul “tradimento”, attacca: «Sono mancati 7-8 voti, alcuni deputati hanno pensato di compiere nei miei confronti, come si dice nel linguaggio giudiziario, un atto d’intimidazione. Sono deputati che mi hanno fatto richieste irricevibili. Ho dovuto dire di no a deputati con i quali per una questione di igiene non ho voluto avere rapporti in questi anni».

Miccichè però insiste e avverte Musumeci: «L’Assemblea ha ratificato il malessere che esiste da tempo nella maggioranza, spero che il presidente rifletta e si renda conto che deve interloquire con i partiti e non prendere per buono quello che gli riferiscono quattro sciacalletti, falsando la realtà». E come se nulla fosse aggiunge: «Sapevo che qualcuno nella maggioranza non avrebbe votato per Musumeci ma non avevo la percezione che avrebbero persino votato per il candidato delle opposizioni: il presidente rifletta su questo e si confronti con i partiti nel modo giusto». Sulla scelta di non riaprire la seduta parlamentare, bloccando di fatto il governatore che avrebbe voluto prendere la parola per dimettersi, il leader siciliano di Forza Italia è sibillino: «Dalle opposizioni mi chiedevano di riprendere i lavori, ma ho spiegato che in quel clima non potevo farlo. Per una volta ho rinunciato al ruolo di mediazione, ma era necessario».