19’40’’ è una collana discografica su abbonamento, una creazione di Sebastiano De Gennaro, Enrico Gabrielli, Francesco Fusaro, con la collaborazione di Tina Lamorgese. La miglior introduzione al progetto la si può leggere sul loro sito, 19m40s.com: «un approccio colto e antiaccademico al repertorio della musica scritta», un qualcosa che definiscono come «musica anticlassica». È da poco uscito il loro ultimo disco, una riscoperta: Mother Earth’s Plantasia.
Enrico Gabrielli ci racconta: «Mother Earth’s Plantasia è giunto alle mie orecchie grazie a Sebastiano De Gennaro che era in piena fascinazione per i sintetizzatori (strumenti con cui poi avrebbe realizzato l’album Discovering the Electronic Music of Chino «Goia» Sornisi, la nostra uscita numero sette). È un lavoro che è rimasto sotto pelle per decenni attraverso una vasta rete di appassionati del kitsch e dell’object trouvé. Poi oggi, complice la rinnovata attenzione per le problematiche legate a clima e ecologia, il disco è ritornato alla luce. L’idea di farne una versione acustica è nata al primo ascolto. Coincidenza vuole che quando lo abbiamo rieseguito dal vivo per la prima volta nell’aprile 2019, la Sacred Bones Records lo ha messo in ristampa.» A questo punto c’è la curiosità di saperne di più anche su Mort Garson. «Sarò sincero: non conosco benissimo Mort Garson compositore. Credo di aver visto scritto il suo nome citato per la prima volta in un vecchio disco di uno strano progetto jazz pop, The Bird and the Bee. Ma non lo ricordai finché non spuntò fuori Plantasia. Da quel poco che conosco, Garson alle prese con i Moog è piuttosto affine a Umiliani, in particolare mi ricorda certe soluzioni di Problemi d’oggi del 1973. Ma ascoltando anche The Zodiac: Cosmic Sound c’è sempre un’aria di psichedelia decadente che lo fa unico nel suo genere. A suo modo è incasellabile come uno dei padri spirituali della New Age.»

Enrico Gabrielli

GABRIELLI prosegue: «Il catalogo di Garson è fatto di cose estremamente eterogenee: da Electronic Hair Pieces fino alla sperimentazione misticheggiante del già citato The Zodiac: Cosmic Sound. Per quel che riguarda la nostra produzione, in questo lavoro è confluita l’esperienza di trascrizione già presente nella prima uscita, Esecutori di Metallo su Carta: Progetto Generativo, dove per una manciata di brani presi a prestito dal repertorio della scena metal/noise/math italiana avevamo realizzato trascrizioni acustiche per ensemble. In questa versione acustica di Plantasia (ri)emergono i rilievi della scrittura e si evince la qualità della musica di Garson, a prescindere dalla veste elettronica e fantasiosa dell’originale.» Nel disco , un aspetto importante sembra giocoforza essere la relazione tra musica ed ecologia. Su questo abbiamo delle precisazioni: «Il prof. Stefano Mancuso ha scritto una bellissima prefazione all’opera in cui racconta di un suo fugace incontro con Garson. Bisognerebbe chiedere a lui se esistono esperimenti ragguardevoli in materia di musica e piante. Per quel che ne so, potrei citare un oscuro coetaneo del nostro, Clive Backster, che teorizzò il concetto di percezione primaria delle piante (memoria e capacità di percepire dolore), ma che allora non era passato attraverso il vaglio della comunità scientifica. Uno sceneggiato RAI, La traccia verde (1975), parla della plausibilità che una pianta diventi testimone di un omicidio e prende in prestito gli esperimenti di Backster come motore immobile della vicenda. Qualcuno poi sostiene che Garson si fosse lasciato sedurre da un libro di Dorothy Retallack, The Sound of Music and Plants (1973), ma a detta dello stesso Mancuso, Garson era probabilmente convinto che le piante potessero essere sensibili a stimoli musicali. Io però penso che ambientalismo, eco-sostenibilità ed ecologia son tutte questioni che in musica si traducono male».

«A BEN SENTIRE – sottolinea -, solo il silenzio sarebbe possibile. Il silenzio è il suono dell’uomo che lascia suonare il mondo. L’assenza dell’uomo sarebbe la cosa più ecologica che ci sia. E quindi l’uomo non potrebbe fare musica ecosostenibile per ragioni intrinseche. È un cul-de-sac.». Per finire abbiamo chiesto del futuro. «Non si sa bene il perché, ma quando esce un disco nuovo di zecca viene automatico chiedere del dopo, come per accertarsi che lo stato di salute dell’artista sia buono. Ebbene: il prossimo disco, previsto per l’11 aprile 2020, sarà Ai Confini di Twilight Zone, un’accurata selezione di musiche di Bernard Herrmann tratta dalla celeberrima serie di Rod Serling. Da qui, inizieremo a pianificare una maggiore strategia sull’estero, in particolare in UK. Come progetto futuro, per ora, direi che potremmo accontentarci.»