È una storia che viaggia sulle note della musica klezmer quella raccontata da Heidi Smith Hyde, accompagnata dalle illustrazioni di Johanna Van Der Sterre. Il libro La fisarmonica di Mendel è l’albo pensato per più piccoli proposto dalla casa editrice Giuntina (pp. 32, euro 15) che con la collana Parpar (farfalla) ha deciso di inseguire le strade della diaspora e di narrare storie di artisti e personaggi della cultura ebraica. Così, qui la memoria diventa il campo per esplorare l’itinerario di una musica che ha rallegrato matrimoni e feste e che dall’Europa è arrivata a New York, mescolandosi con le improvvisazioni jazz.

Il tema è l’emigrazione: un «trasloco» fisico e di immaginario che non coinvolge soltanto le persone, ma anche i loro talenti e tradizioni. Almeno è questo il percorso segnato dal musicista Mendel che suona una semplicissima fisarmonica a Melnitz, agli albori del secolo scorso, e che poi si imbarca, direzione Nuovo Mondo, per cercare fortuna e aggirare le magre risorse famigliari, qualche animale da fattoria e niente più. Ci riuscirà a prezzo delle sue note, però, le stesse con cui aveva fatto ridere e piangere i suoi compaesani. Solo anni dopo il nipote – tirando fuori dall’oblio una fisarmonica del bisnonno – tornerà a pigiare allegramente i tasti dello strumento sgangherato.

Chissà se da qualche parte nel ghetto di Terezin, abbiano risuonato le stesse note, molti anni più tardi, quando ragazze e ragazzi ebrei si ritrovarono tutti insieme a condividere un inferno di prigionia, a soffrire il freddo, la fame e le malattie. Ad aspettare la loro sorte (la partenza verso un non ben definito «est» che poi significava Auschwitz e quindi la morte). Un libro per Hanna di Miriam Pressler (Il Castoro, pp. 302, euro 15,50) trasporta i piccoli lettori dentro le baracche gelide del campo di concentrazione e permette che ognuno guardi tra le pieghe di quella realtà attraverso gli occhi di un gruppo di amiche, fra cui c’è anche Hanna, adolescente a cui è stata rubata l’esistenza, ma non la forza per sopravvivere e neanche la capacità di emozionarsi per sprazzi d’amore scippati all’angoscia. La sua compagna Mira, invece, non ce la farà, sarà il tifo a portarla via, proprio come toccò in sorte ad Anna Frank e sua sorella, a Bergen Belsen (la tedesca Pressler è la traduttrice del Diario della bambina rifugiatasi a Amsterdam).

È un noir che si mescola al memoir – il quaderno rivelatore di Emile, nonno del protagonista – Dovrei essere fumo di Patrick Fogli (Piemme, pp. 292, euro 15,50). Un romanzo adatto a young adults per la durezza della cinica storia che lascia affiorare: un agente dei servizi segreti, killer spietato all’occorrenza, che diventa guardia del corpo di un misterioso uomo novantenne, giunto al termine della sua vita. Tra letti di cliniche, camere asfittiche, momenti di frettoloso piacere, entrerà in contatto con la verità sconvolgente dello sterminio, una verità che, se non si è distratti, si intuisce fin dalle prime pagine del racconto.