«Ho accompagnato un gruppo di visitatori al Museo del Bardo lo scorso ottobre – dice P. M., archeologo esperto di antichità romane e guida per una nota agenzia culturale francese che oreferisce restare anonimo –. Quando il bus ha oltrepassato la cancellata che cinge il palazzo, sia io che l’autista siamo stati superficialmente perquisiti dalle guardie. Dopo aver posteggiato il mezzo, siamo entrati al museo senza che fossero effettuati controlli a zaini e borse. Gli agenti di sicurezza se ne stavano con le mani in tasca e all’ingresso, peraltro recentemente rinnovato, non c’era l’ombra di un poliziotto».

Questo racconto, già di per sé allarmante, conferma che l’assalto di ieri al Museo Nazionale del Bardo di Tunisi – fiore all’occhiello dell’offerta culturale del paese – si è svolto nella più totale mancanza di sicurezza.

D’altra parte, le testimonianze di alcuni impiegati di turno al museo trasmesse da Radio Tunis Chaîne Internationale (Rtci) e il canale locale Shems Fm dimostrano che due dei tre terroristi sono penetrati nell’area in maniera del tutto indisturbata e, dopo aver poggiato gli zaini nel giardino, hanno impugnato i kalashnikov introducendosi al museo attraverso la grande porta vetrata, dove si conclude il percorso della visita. «Alcuni turisti, atterriti, sono giunti nell’ufficio dove lavoriamo io e la mia collega – dice un’archeologa del Bardo – rivelandoci la presenza di terroristi all’interno delle sale. Penso fossero italiani. Naturalmente, siamo state colte di sorpresa e abbiamo subito provveduto a fare uscire le persone da una porta secondaria che non era stata individuata dagli attentatori. Al momento – aggiunge – non è possibile verificare se ci sono stati danni materiali ai reperti, io stessa ho lasciato il museo di corsa».

Dall’anno della sua inaugurazione, avvenuta nel 1888, il museo nazionale del Bardo – l’antico Museo Alaoui dei tempi del protettorato francese – è una tappa imprescindibile per il vasto pubblico che si reca in Tunisia alla scoperta della civiltà fenicio-punica ma soprattutto per visitare le maestose vestigia lasciate dal dominio romano in Africa del Nord. Nella primavera del 2009 è stato lanciato un progetto di rinnovamento architettonico e museografico, che ha permesso di integrare nuovi spazi alle strutture storiche del palazzo-harem costruito tra il 1859 e il 1864 dal bey M’hammed, capolavoro dell’architettura husseinita nel quale si conciliano armonicamente elementi andaluso-moreschi e apporti «italianizzanti».

La nuova disposizione è stata ideata allo scopo di far emergere la complessa e dunque ricchissima identità culturale della Tunisia. I sei dipartimenti mettono in luce oggetti che vanno dalla Preistoria alla civiltà fenicio-punica, senza dimenticare il mondo numida, la tarda antichità e i ben quindici secoli di civiltà islamica. La fama del Bardo, tuttavia, è dovuta soprattutto all’immensa e preziosa collezione di mosaici, i quali originariamente concepiti per adornare domus, terme e basiliche paleocristiane, rappresentano oggi dei veri e propri libri che riflettono lo splendore della provincia romana d’Africa. La raffinatezza della tecnica e il sapiente accostamento di tessere colorate restituiscono racconti mitologici, scene della vita quotidiana, credenze religiose.

Nei piccoli e grandi pannelli musivi del Bardo si muovono ancor oggi uomini e animali, eroi e divinità. Per questo, chi ha avuto la fortuna di ammirarli sa che il sangue mal si concilia con la loro folgorante bellezza. E forse il poeta che troneggia nel mosaico del III secolo a.C. rinvenuto a Sousse, attorniato da Clio (musa della Storia) e Melpomene (musa della tragedia) continuerà a rivolgersi a noi, attirando lo sguardo sulla pergamena inscritta srotolata sulle sue ginocchia: Musa, mihi causa memora… «Musa, ricordami le cause…» Un verso dell’Eneide che oggi ci parla ancora nel profondo.