Eccoci in scatola: tonni umani, avvolti non dalla fascia metallica della lattina, ma da lembi infiniti d’oceano, abitati da una varietà inattesa di pesci, che come sempre non si guardano, ma che forse ci guardano, e che noi ora guardiamo. Facce note e sconosciute: Cernie Patata, a bocca dilatabile secondo il boccone, Pesci Napoleone, transgeneri seriali, l’ambigio Squalo Corallo dalle punte bianche, gatta morta di giorno, predatore di notte, Razze Mante, giocherellone e salterine, 7 metri d’apertura ‘alare’, i minuscoli Pesci Clown (11 cm), ermafroditi non appena superano i 4,4 cm, i megamolluschi bivalve Acquasantiere Giganti, spesso centenari, peso medio due quintali, le Tartarughe Verdi con un metro di corazza e 50-150 uova spiaggiate, e la sovrana Megattera di 15 metri, dagli impressionanti esercizi circensi alla vigilia dell’accoppiamento. Sono gli otto Re/Regine delle barriere coralline, icone subacquee d’un corteggio variegato di pinne, branchie, code, squame, che animano le maiuscole scogliere sottomarine nate dal millimetrico corallo.

La scatola oceanica dove noi, tonni bipedi, siamo stati immersi è infatti la galattica installazione interattiva Immersion appena inaugurata al Musée Océanographique di Monaco: 40 videoproiettori, su pareti alte 9 metri, per un totale di 650 metri quadrati di proiezione (di cui 250 interattiva), che permette di conoscere e di stare a tu per tu con una sessantina di specie marine. Un tuffo virtuale dentro un mondo che vive sott’acqua, a profondità d’apnea o di scafandro, da 1 a 400 metri sotto il livello del mare.

In cifre
Costo dell’installazione, che ha comportato mesi di lavoro (quelli del confinamento), 2 milioni e 400mila euro, rivela Robert Calcagno, direttore generale del Museo (10 milioni la cifra d’affari annua), che annuncia il prolungamento eccezionale dell’esposizione fino a tutto il 2021. Il tuffo in Immersion è in realtà, sul piano economico e dello spettacolo, un doppio salto mortale. Le cineprese di Monte-Carlo han fatto una plongée dall’altra metà del pianeta, lasciando il Principato di Monaco, ricco d’oasi coralline (come ha mostrato, in un’escursione marina, Pierre Frolla, quattro volte campione mondiale d’apnea), per andare a esplorare, in Polinesia, la n.1 delle barriere coralline, «molto più grande e più estesa della Muraglia Cinese». Dal mare all’oceano e ritorno: ed ecco Immersion, la Grande Barriera come non s’era mai vista, a portata di mano e di sguardo, unica maschera quella, fastidiosa, anti-Covid. Non basta. Una volta catturate le immagini sottomarine delle varie specie volteggianti attorno e dentro la barriera corallina, l’équipe di Immersion (Bernard Reilhac, direttore del progetto, Olivier Ferracci e Nora Mathhey de l’Endroit, responsabili di ‘Dreamed by Us’) ha compiuto il secondo salto mortale: la digitalizzazione e modellizzazione di fauna e flora registrata, per restituirle come vere agli abissi del cinema.

Animazione
In sintesi: attorno a noi nulla è autentico. «Non c’è un solo pesce naturale», esulta Bernard Reilhac. È tutta animazione, con tanto di sceneggiatura e scenografia: come negli antichi, magici documentari tra fiction e animazione di Walt Disney, tipo Deserto che vive.
Ma Immersion non è solo spettacolo: è anche un memento. Le barriere coralline, ci allarma Robert Calcagno, sono a rischio estinzione. È questione di 15-20 anni, se non ci si affretta a rimediare ai disastri ambientali in corso da anni, inquinamento (non solo dei mari) e riscaldamento globale, che hanno per effetto l’acidificazione delle acque e lo sbiancamento, cioè la morte, dei coralli. In soli 3-4 anni, è già andato perduto un terzo degli oltre 2000 chilometri della Grande Barriera. Se la crisi climatica continua, sarà pallore in tutto l’universo corallino. Un’autentica apocalisse, avverte Calcagno, perché « il corallo, polipino millimetrico, è all’origine, da tempo, di importanti ecosistemi per gli equilibri e la salute della Terra. Le barriere coralline non rappresentano che lo 0,2 per cento della superficie planetaria, ma la capacità dei coralli di vivere in simbiosi con altre specie ha calamitato un’incredibile biodiversità, portando alla creazione di ecosistemi unici, fondamentali, equivalenti, in superficie, alle foreste equatoriali. I coralli non sono solo strani e belli, ma supportano anche centinaia di milioni di vite umane. Pensate che l’effetto serra è assorbito per il 97 per cento dal mare. Ciò significa che le barriere coralline sono oggi la realtà subacquea più a rischio : migliaia d’ecosistemi marini nel mondo son destinati a rapido deterioramento ».

Ecologia e difesa ambientale sono da decenni al cuore di Monte-Carlo, forse per la sua stessa sopravvivenza urbana che pare una contraddizione in termini: colate di cemento, un grattacielo inerpicato sopra l’altro, su un fazzoletto di terra sospeso su una baia di paradiso. Mare lindo in cui si specchia il mostro. La Bella e la Bestia. Tutti stipati in cucina: così uno s’immagina gli abitanti, una volta messi i piedi qua, stando attento a non farsi travolgere da una Ferrari in libertà, magari d’orribile colore giallo, che sfreccia per andarsi a depositare nell’Hôtel di lusso. Invece, a dispetto del look milionario e d’élite, Monte-Carlo sta promuovendo una politica ambientale d’eccellenza – pannelli solari, rifiuti immediatamente convertiti in energia –, condivisa da ogni Grand Hôtel, della quale Immersion non è che l’acqueo stendardo. L’oasi cementizia è punteggiata d’oasi verdi, tra cui i Jardins Saint Martin, primo giardino pubblico di Monaco, che si sviluppa sopra la costa a strapiombo tra il Musée Océanographique e il palazzo del Principato. Il percorso, lungo l’Allée Grace Kelly, è un’altra immersione, stavolta vegetale, nella biodiversità, accuratamente preservata e protetta : un patrimonio naturale di 880 specie vegetali e di volatili ormai rari come il falco pellegrino o il marangone dal ciuffo. Oltre ai giardini naturali inverdiscono il cemento i numerosi giardini pensili o, addirittura, gli orti urbani ecologici, come quello curato personalmente da Jessica Sbaraglia, ex promessa del tennis svizzero, diplomata in aromatologia, che dal 2016 gestisce il podere pensile di 4 ettari sopra il tetto della sala di conferenze del Monte-Carlo Bay Hotel: un rifornimento biologico e continuo di frutta e verdura, cui attinge lo chef martinicano Marcel Ravin del Blue Bay (1 stella Michelin) per inediti menu green, a lui ispirati via via dai prodotti di stagione.

Terra e mare, a Monaco, si gemellano in un grande abbraccio ecologico, che coinvolge periodicamente visitatori d’eccezione come, anni fa, gli aborigeni di Polinesia: proprio da quest’incontro è nato un ricco scambio di viaggi e iniziative, con il Principe Alberto II impegnato in prima persona. Immersion è non a caso il trasloco virtuale d’una fetta di barriera corallina appartenente al loro territorio.

Un film
Oltre all’installazione, questi scambi hanno originato un film: « Sarà presentato in anteprima l’anno prossimo al Festival di Cannes – anticipano Eva Muller, a capo del servizio Mostre, e Olivier Dufourneaud, direttore della Politica degli Oceani –. Al film sta lavorando la regista Trisha Lake. Titolo, provvisorio, Alick and Albert: il tema è infatti il confronto tra due personalità e due realtà, gli aborigeni e l’occidente, geograficamente agli antipodi ma unite da intenti comuni d’equilibrio ambientale». Sarà l’Immersion in un altro mondo. Un mondo possibile.