Al numero 98 della centralissima Rue Saint-Denis a due passi dal Beaubourg il 20 dicembre 2019 ha aperto un curioso piccolo museo: le Musée de l’Illusion. Visto da fuori è un piccolo edificio, stretto e alto, tipico per le strade di Parigi; alla porta una giovane donna accoglie il numeroso pubblico che attende pazientemente in coda. I biglietti si prendono online sul sito secondo finestre orarie per organizzare meglio i visitatori e le visitatrici essendo lo spazio espositivo disposto su due piani, piccolo ma molto accogliente.
Da subito siamo attirati da un’immagine che ci guarda dritta negli occhi, ma – è un volto ripreso di fronte o di profilo? Ci sono pochi indizi visivi ma sappiamo bene che la nostra mente sa come e dove collocare gli elementi mancanti ed ecco che vediamo un volto maschile di fronte e la volta successiva quello di profilo. Unico dettaglio a guardare bene è l’occhio: rimane sempre di fronte! Passiamo alla successiva meraviglia: una serie di immagini colorate caleidoscopiche che a ben fissarne un punto centrale si creano strane figure che emergono a tre dimensioni.

MASCHERE CONCAVE
Poi, sempre basandosi sul fatto che la nostra mente ricostruisce un volto come lo vogliamo vedere, ci sono una serie di nove caselle con maschere umane della stessa faccia, ma concave. Noi ci muoviamo davanti e l’immagine della faccia si muove estendendosi, girando verso destra o verso sinistra, finché si fa realmente tridimensionale e convessa. Realmente? No, è sempre la nostra sensorialità percettiva che la costruisce in tal modo. Un fatto che ad esempio ha ispirato l’artista americana Cameron Jamie (vive e lavora a Parigi) a creare le sue maschere in ceramica esposte alla recente Biennale Arte: tutte rigorosamente Untitled e modellate a mano non sono le classiche riproduzioni di volti ma appunto la versione concava risultando «svuotate» del loro aspetto fisico. In questo modo si crea una visione metaforica del fatto che ognuno/a proietta il proprio sé verso se stesso/a (essendo le maschere rivolte verso il pubblico) e nel guardarle fa provare una sensazione strana, quella di guardare qualcuno ma «attraverso» qualcuno. L’esatto contrario della funzione della maschera che vuole che si possa guardare qualcuno senza essere guardati… Identificazione o straniamento versus anonimato?

Giriamo la testa sentendo delle gran risate e vediamo una persona seduta su una strana sedia con le gambe a un metro di distanza dal sedile con accanto un’altra persona in piedi, entrambe vengono fotografate da una terza che sta a una distanza di circa tre metri. Oh!, nella foto si vede la persona seduta minuscola sulla sedia, ora visibile nella sua struttura completa con le gambe attaccate, mentre la persona in piedi accanto risulta di statura «normale»…

VERTIGINE
Un vortice di percezioni bi- e tridimensionali che nella settantina di «illusioni» esposte al museo che per primo fu aperto a New York, poi a Toronto, Shanghai e Dubai, giunge all’apice nel Tunnel Vortex, un passaggio buio fascinosamente illuminato. Mentre ci si incammina, tutto d’un tratto sorge l’impressione che l’intera costruzione inizi a girare, per cui ci si avvicina alla ringhiera sulla sinistra per tenerci stretti e non precipitare nel vuoto… Sebbene l’amica con cui ci siamo recati al museo ci guardi dal punto finale in fondo (il percorso è di circa cinque metri) – creando un appiglio visivo concreto – è impossibile opporsi alla vertigine che sale mentre la nostra percezione visiva ci fa fare un giro (quasi) completo! Per il forte piacere dei più piccoli che lo percorrono anche tre/quattro volte di seguito.
Accanto alle più classiche illusioni delle linee che sembrano non scorrere parallele ci sono quelle che «mentono» sulla lunghezza di linee tonde in riferimento a oggetti di diverse dimensioni. Ancor più impressionanti sono i disegni grafici in prospettiva che cambiano aspetto secondo il nostro movimento verso destra o verso sinistra, quasi a far girare la testa.

OLOGRAMMI
Appesi sulla parete che conduce al gioco ottico degli specchi, dove si può giocare a carte con se stessi avendo l’illusione di essere in quattro, ci sono alcuni ologrammi – semplici e complessi. In quelli semplici, nel guardarli si percepisce l’oggetto o il soggetto ripreso in tre dimensioni come sospeso nel vuoto e nello spostare lo sguardo si può osservare persino il lato superiore e quello inferiore. Il termine deriva dal greco antico, holos (tutto), grafè (scrittura), che letteralmente significa «descrivo tutto». Quelli complessi equivalgono agli effetti speciali nelle pellicole a 3D dove oggetti, dettagli o persone fuoriescono dallo schermo per fluttuare liberamente nello spazio visivo davanti a noi, a volte talmente vicini da volerli (o poterli) toccare.

Un’azione che cade puntualmente nel vuoto, trattandosi per l’appunto di un’illusione ottica. Come si crea? Grazie a una tecnica di ripresa con raggi laser coerenti si memorizzano le informazioni visive in un fine intreccio di frange di interferenza che proiettate in modo accurato producono a loro volta l’illusione della tridimensionalità. I nostri occhi essendo equidistanti percepiscono, ognuno, una frangia diversa, quindi da un diverso punto di visione, dando luogo al cosiddetto «effetto di parallasse» che produce l’illusione della tridimensionalità, effetto che negli anni cinquanta fu sfruttato nel cinema per attirare il pubblico nelle sale cinematografiche andate per la prima volta deserte a causa dell’invenzione della televisione creando i primi film in 3D, per la cui corretta visione erano necessari gli occhialini 3D vintage, oggi perfezionati nella loro tecnologia.

Ecco il lato intrigante del museo: dapprima lasciarsi andare all’inganno, farsi portare dalle sensazioni per apprezzarne il potenziale ludico ai fini del divertimento di grandi e piccoli, per poi arrivare a comprendere le leggi fisiche e/o i principi scientifici che vi si nascondono per scoprire che – spesso – anche nella realtà, vediamo ciò che vogliamo vedere e non quello che c’è o meglio quello che si trova concretamente davanti a noi.