Avviata lo scorso 2 luglio, volgerà al termine agli inizi di agosto la campagna di scavi archeologici presso il moderno centro di Muro Leccese, a sedici chilometri da Otranto, tra VI e III secolo a.C. uno dei più grandi e floridi abitati indigeni della Messapia. Qui, il Dipartimento di beni culturali dell’università del Salento indaga da ormai vent’anni un sito di circa cento ettari. Raso al suolo dai Romani, dell’antico abitato sono ancora visibili i resti della cinta muraria, estesa per quattro chilometri.

Quest’anno, al nutrito gruppo di studenti che hanno raggiunto la Puglia da atenei italiani (Trento, Venezia, Bologna, Pisa, Torino, Roma, Napoli, Bari, Palermo), spagnoli (Barcellona, Madrid) e americani (Warrenton – Virginia) si sono aggiunti immigrati provenienti da Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, Mali, Sudan, Nigeria e Ghana. Con il progetto IntegrArchéo, il Comune di Muro Leccese – in collaborazione con il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento e in seguito al parere favorevole espresso dal Ministero degli Interni e dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto – vuole infatti favorire l’inclusione socio-economica dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione sussidiaria che soggiornano presso lo Sprar del territorio.

«L’impegno profuso dai partecipanti nel riportare alla luce le testimonianze del passato – ha spiegato Francesco Meo, responsabile scientifico dello scavo e ricercatore presso l’ateneo salentino – contribuirà fortemente all’integrazione dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione sussidiaria; essi avranno infatti la possibilità – continua Meo – di condividere spazi e attività con giovani che rappresentano il futuro dell’Europa e non solo».
I momenti di incontro e scambio che già caratterizzano l’archeologia da campo si arricchiscono a Muro Leccese di un’esperimento di accoglienza controcorrente rispetto alla linea dura del governo italiano e della chiusura sempre più diffusa nella società civile in materia di immigrazione.
L’iniziativa degli archeologi pugliesi mira a costruire le basi di una storia comune, in sintonia con una terra di confine – ponte verso l’oriente – da sempre aperta a quelle commistioni culturali che, attraverso i secoli, hanno lasciato un patrimonio materiale e immateriale di inestimabile valore.