La polizia svedese ieri ha convocato una conferenza stampa ma lo stesso sta dando informazioni con il contagocce sull’intera vicenda del camion che alle tre del pomeriggio di venerdì è stato lanciato contro il centro commerciale Åhlens all’angolo con la Drottninggatan, la via più celebre e centrale di Stoccolma.

Neanche l’età e il sesso delle quattro persone uccise sono state divulgate. Dei 15 feriti si sa che otto sono ancora ricoverati, quattro in rianimazione. E dell’uomo col cappuccio arrestato in serata e fortemente sospettato di essere il ladro del camion e attentatore si sa soltanto che ha 39 anni ed è di origine uzbeka.

Il capo della polizia Dan Eliasson ha detto che «al momento non è possibile escludere che ci siano più persone coinvolte». Di certo l’uomo stava parlando con qualcuno al cellulare quando è stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza poco dopo la strage. La polizia ieri sera ha fatto altri tre arresti nella periferia Sud della capitale.

Il giornale Aftonbladet ha ricostruito molta parte della sua storia, trovando poi la conferma della polizia. L’uomo con il cappuccio nero e la giacca verde che con fare cospirativo parlava al telefono e cercava di allontanarsi velocemente verso la metro è stato notato da due passanti che hanno dato l’allarme e lo hanno seguito, oltre a riconoscerlo nei filmati. È grazie a questi due «eroi» – così vengono apostrofati dal giornale – che gli inquirenti hanno impiegato soltanto sei ore per acciuffare il sospetto.

Lo stesso quotidiano di Stoccolma è riuscito a contattare un amico o vicino di casa il quale ha precisato che l’uomo col cappuccio si è diretto nella periferia Nord della città ma in realtà abita nella parte Sud, che è padre di quattro figli, lavorava in edilizia e «non parlava mai di religione o politica, solo di come fare per mandare più soldi alla famiglia».

Non è chiaro da quanto l’uomo risiedesse in Svezia. Il capo dell’intelligence Anders Thornberg ha detto che «era noto alle autorità svedesi dallo scorso anno» ma che il confronto dei dati è solo all’inizio.

Mentre il vice Procuratore Capo Hans Ihrman, alla guida delle indagini sul caso, non ha voluto confermare le indiscrezioni di stampa sulle simpatie dell’uzbeko arrestato per l’Isis, tanto meno che avesse postato su Fb un video di propaganda del Califfato o messo un like alla foto della strage di Boston nel 2013. Avrà in ogni caso un avvocato di grido, Johan Eriksson.