Premiata un paio di mesi fa al festival Andrea Parodi di Cagliari e lanciata dalla rassegna Sconfinando di Sarzana, Marina Mulopulos debutta con un disco sorprendente e raffinato, Distichós, affacciandosi per la prima volta da solista nel panorama musicale italiano con una proposta che rende omaggio alla terra natìa di suo padre e alla culla della cultura mediterranea: la Grecia. Tuttavia l’album non guarda indietro anzi ruota intorno al concetto di bellezza, al virtuosismo lirico della giovane cantante, alle rarefatte melodie incantate da sirena.

 
Dieci brani in lingua greca, con una voce antica e inquieta, dall’iniziale evocazione di Voithisemaicon, chitarra e voce, ai più movimentati Cheros e Demetra, con un afflato tipico da tradizione mediterranea dove la fisarmonica e le percussioni rimandano al popolare rebetiko, a quell’identità un po’ meticcia, alla cultura ellenica degli studenti universitari greci che frequentano l’ateneo napoletano, una presenza fissa e radicata. Collaboratrice negli spettacoli live degli Almamegretta e Malfunk, artista poliedrica – scenografa, attrice, esperta pedagogica in Belle Arti – la Mulopulos è dotata di un talento raro: riesce a padroneggiare in maniera esemplare, anche lavorando su di essa sperimentalmente utilizzandola come uno strumento, la sua voce. Subito la memoria rimanda alle sperimentazioni di Demetrio Stratos o al cammino più dolce di Haris Alexiou.

 
«Distichós vuole essere un richiamo al risveglio dell’essere umano e della sua coscienza, una sorta di preghiera e di auspicio per un mondo migliore», afferma Marina Mulopulos, la cui voce – unitamente all’abilità musicale del musicista Paolo Del Vecchio, responsabile di gran parte degli arrangiamenti del disco e coautore con la Mulopulos – è in grado di evocare profumi, suoni, odori di un passato in grado, e in dovere, di cristallizzare il presente. E di rendergli omaggio.

 

 

C’è un sound acustico che parte dalla tradizione greca, rinnovandola con le suggestioni arabe di Maghissa o con quelle balcaniche di Allaghi. Dietro le quinte del disco, etichetta Marocco Music distribuito da iCompany, c’è Rocco Pasquariello, il produttore discografico napoletano, che ha lavorato a lungo con James Senese e Peppe Barra (dalla sua scuderia arrivano tutti gli altri strumentisti, coinvolti nel disco, da Sasà Pelosi a Ivan Lacagnina, da Luca Urciuolo a Marzouk Mejiri) e ha scoperto, tra gli altri, Lino Cannavacciuolo e Mbarka Ben Taleb.

 

 

La sua firma si legge nella scelta della perla italiana che chiude l’album, Cogli la mia rosa d’amore di Rino Gaetano, trasformata in un ondeggiante dichiarazione, una calda e sconsolata profferta di amore universale, che rimanda aill’esperienza degli emigranti in miniera.

 
Il 27 dicembre la Mulopulos, che vive generalmente a Pisa, in Toscana, si esibirà al festival Logos di Olbia, un ritorno nell’isola che gli porta fortuna, un altro modo di avvicinare le origini simili di terre generose e un po’dimenticate.