Ne ha dovute vincere molte di battaglie Mulan, il live action di Disney affidato all’epica regia della neozelandese Niki Caro. La cineasta non ha dimenticato l’elegante prodotto d’animazione uscito nel 1998 dagli studi di Burbank – si era optato un disegno essenziale e rarefatto che ricordasse le pitture su rotolo cinesi – ma non lo ricalca pedissequamente, scegliendo la via di una maggiore fedeltà all’antica leggenda, risalente al VI secolo, epoca delle Dinastie del nord. E insiste sul genere wuxia, quel «cappa e spada» orientale su cui Caro fonda tutto l’impianto del film, prediligendo magnifiche coreografie di combattimenti marziali alla vena intimista del precedente cartone, e facendo scontrare la natura selvaggia con un’idea di civiltà attraverso riprese di sterminati paesaggi (tra Cina e Nuova Zelanda).

ANNI di ripensamenti, ricerche (anche Ang Lee era fra i papabili), poi un martellamento di rinvii della première – dovuti alla pandemia – fino alla decisione finale, che ha provocato molti malumori: il film salterà il passaggio in sala e sarà proposto, a partire da oggi, solo in streaming su Disney +, con un accesso vip che prevede una quota aggiuntiva di 21,99 per l’Italia e circa 30 dollari per l’America. Solo da dicembre, gli abbonati alla piattaforma potranno accedere senza extra costi. Il Ceo della Disney, Bob Chepak, ha per ora tenuto a sottolineare che bypassare il grande schermo del cinema non è nelle intenzioni future e Mulan rappresenta un caso a sé, dettato dall’emergenza Covid.

IL FILM, kolossal da trecento milioni di dollari, che sfoggia la rarità di una donna alla direzione – è solo la terza per Disney dopo la co-regista di Frozen Jennifer Lee e Ava DuVernay per il fantasy Nelle pieghe del tempo – ha come protagonista Yifei Liu, attrice cinese naturalizzata americana. È lei a vestire i panni dell’eroina-guerriera che si traveste da maschio per arruolarsi al posto del padre malandato e difendere l’imperatore dall’attacco degli Unni (qui molto simili ai terroristi Isis). Yifei Liu ha sbaragliato le altre candidate – più di mille – perché non ha avuto bisogno di controfigure: sa cavalcare, combattere ed è esperta di arti marziali. Sa pure cantare, nonostante il film abbia abbandonato la vocazione al musical del cartone. Ma proprio lei ha rischiato di far boicottare il live action Disney dopo aver pubblicato un post in difesa della polizia di Hong Kong. Il cast brilla grazie alle stelle delle arti marziali – da Donnie Yen (Ip Man) a Jet Li (Hero) e ritrova anche una splendida Gong Li. Ma la regista non asiatica ha destato qualche polemica. Niki Caro però si è saputa difendere: «l’importante in una cultura è il rispetto dell’autenticità, così può diventare qualcosa di universale».

LA STORIA di Mulan ha come perno il tema della leadership carismatica e che «unisce» e, naturalmente, l’emancipazione femminile, la stessa già affrontata da Caro con la leggenda maori trasposta ne La ragazza delle balene. La prima assenza che si nota nel film, assai sofferta dai fan, è quella del drago pasticcione Mushu (il personaggio non esisteva nell’originario poema cinese), la seconda riguarda invece il generale Li Shang di cui Mulan si innamorava, ricambiata. In una Hollywood scossa dal movimento #MeToo si è creduto che rispondesse meglio al politically correct un amore fra pari di rango, che cresce dentro le fila dell’esercito. In compenso, il nuovo Mulan acquista una figura di grande potenza: la demoniaca strega interpretata da Gong Li. Un’apparizione fondamentale che documenta il mutamento dei tempi con una inaspettata alleanza tra donne che rovescia le sorti e le strategie militari, mescolando le carte in base alla lealtà interiore che nutre il potere femminile. Non a caso l’ultimo combattimento, l’eroina lo porta a termine impavidamente con i capelli sciolti e sfoderando la sua vera identità.