Il 15 maggio 1965 si svolge a Chicago una riunione di musicisti afroamericani che decide la costituzione dell’Association for the Advancement of Creative Musicians, l’«Associazione per la promozione dei musicisti creativi» della città. Presidente viene nominato il principale catalizzatore della nascita dell’AACM, il pianista Muhal Richard Abrams: con la sua morte – il 29 ottobre – viene a mancare una figura chiave delle ricerche d’avanguardia dagli anni sessanta ad oggi.
Nato nel settembre 1930, pianista di grande mestiere, con una approfondita conoscenza degli stili pianistici, Abrams in gioventù è molto richiesto per accompagnare i più importanti musicisti di passaggio a Chicago, fuoriclasse come Miles Davis, Sonny Rollins, Zoot Sims, Dexter Gordon; ma, più che come pianista è presto fondamentale come leader, nel senso sia di leader di formazioni musicali, che di guru, maestro, aggregatore di un ambiente.

 

 

Una delle più importanti idee che Abrams riesce a trasmettere ai giovani dell’AACM è quella di un’apertura a interessi musicali a tutto campo, con un’attenzione rivolta per esempio anche all’avanguardia accademica europea, come quella dei viennesi. Abrams è nero, e neri saranno nella stragrande maggioranza i musicisti che si raccoglieranno nell’AACM: la loro sensibilità è radicata, anche orgogliosamente, nell’esperienza e nella cultura nera, in una città come Chicago con una grande comunità afroamericana e con una fortissima tradizione di jazz e di blues. Ma grazie al magistero di Muhal, l’atteggiamento non è di autosufficienza nera, di antagonismo magari risentito rispetto alla cultura bianca, non è l’afrocentrismo che ha permeato il free jazz. È quello invece di far proprio tutto quello che può venire utile, che può essere di stimolo alla elaborazione di una musica creativa: senza sudditanza e complessi di inferiorità, con una visione autonoma, e la discriminante che i musicisti devono essere degli improvvisatori. E Abrams chiede ai giovani che si raccolgono intorno a lui di essere anche, tutti, dei compositori, di praticare il polistrumentismo, di suonare solo materiale concepito da loro invece di affidarsi al repertorio jazzistico, e di occuparsi anche degli aspetti pratici, fino ai più minuti – come diffondere i manifesti che annunciano i concerti – dell’attività musicale.

 

 

È sulla base di questi principi che fa funzionare la Experimental Band a cui dà vita nei primi anni sessanta, che sta all’origine della costituzione dell’AACM. Non ne esistono registrazioni, ma – ci ha raccontato Wadada Leo Smith: «La musica era molto originale, sempre molto complessa e richiedeva prove approfondite. La parte iniziale delle performance aveva un aspetto ritualistico, con percussioni, campane e gong che potevano andare avanti quasi per un’ora, prima che cominciasse a suonare il resto dell’orchestra».

 

 

Nel ’67 Abrams guida poi tre differenti organici nell’incisione dell’album Levels and Degrees of Light, una pietra miliare degli sviluppi dell’avanguardia degli anni sessanta. È con l’Experimental Band e con le prime ricerche dell’AACM che emergono musicisti, ancora oggi figure di punta, come i sassofonisti Anthony Braxton, Roscoe Mitchell, Henry Threadgill e il trombettista Leo Smith; ed è lì che prende forma un superamento del free jazz che assieme alla visionaria nuova sintesi del jazz elettrico di Miles Davis rappresenta all’epoca la più potente proposta di uscita non conservatrice, non regressiva, dalla crisi del free.

 

 

Molto di quello che di veramente sostanziale in termini di avanguardia di matrice jazzistica è stato realizzato nell’ultimo mezzo secolo è venuto da musicisti dell’AACM: per i veterani come per i più giovani Muhal, lucidissimo anche di recente (in Italia si è esibito l’ultima volta in quintetto, con una musica di intatto fascino, a Milano all’inizio del 2016), guardato con riconoscenza e rispetto, ha continuato a rappresentare un riferimento e un’ispirazione carismatici.