Dopo un’attesa interminabile, i risultati delle elezioni zimbabwane che si sono svolte lo scorso 30 luglio alla fine sono arrivati ieri in piena notte e purtroppo vanno a dare ragione ai pessimisti. Non è a causa del fatto che Emmerson Mnangagwa, candidato dello Zanu-Pf, partito al potere dal 1980, è stato dichiarato vincitore con 50,8% dei voti contro il 44,3 % ottenuto dal suo principale avversario, il giovane impetuoso Nelson Chamisa, divenendo così il primo presidente eletto nel paese dopo Robert Mugabe.

Ma è per via delle condizioni nelle quali ha ottenuto questa vittoria. È vero che lo Zimbabwe entra in una nuova fase della sua storia politica e che la pagina dell’ex dittatore Mugabe è stata lasciata alle spalle, ma le pratiche che hanno caratterizzato quell’epoca sembrano resistere, dato che quest’elezione è macchiata da sospetti di frode e dalla violenza.

Dopo l’annuncio «il coccodrillo», come viene soprannominato il veterano Mnangagwa per la sua astuzia quando era il braccio destro di Mugabe, si è detto compiaciuto e ha dichiarato che si è trattato di «un nuovo inizio» per il paese. «Uniamoci nella pace, nell’unità e nell’amore. Insieme costruiremo un nuovo Zimbabwe per tutti», ha scritto in un tweet.

Ma l’opposizione rappresentata dal partito di Chamisa, Movimento per il cambiamento democratico (Mdc), aveva già respinto i risultati prima ancora che venissero annunciati da Priscilla Chigumba, Presidente della Commissione elettorale dello Zimbabwe (Zec). Il portavoce dell’Mdc, Morgan Komichi, è stato allontanato dalla sede della Zec al momento della comunicazione dei primi dati, che ha definito «falsi» annunciando che il suo partito procederà per vie legali e «denuncerà l’intero processo di fronte a un tribunale».

Ieri si è poi pronunciato direttamente Chamisa, definendo il risultato «fraudolento, illegale e illegittimo». «Mnangagwa non ha vinto le elezioni in questo paese. Vorremmo i risultati corretti e verificati dalla commissione. Noi abbiamo vinto largamente e siamo pronti a formare il governo», ha poi ribadito nel pomeriggio durante una conferenza stampa che qualche ora prima la polizia in tenuta antisommossa aveva cercato di impedire cacciando i giornalisti da un hotel di Harare. L’Mdc la sera prima aveva detto di voler presentare le prove della «frode »portata avanti dallo Zanu-PF.

Ovunque l’aria che si respira è quella pesante e soffocante della repressione. Dall’annuncio dei risultati fino a ora le strade della capitale zimbabwana e della roccaforte dell’opposizione Bulawayo sono rimaste praticamente deserte e presidiate solo da gendarmi e militari. Solo un gruppo di simpatizzanti dello Zanu-Pf si è riunito per festeggiare di fronte al Rainbow Towers Hotel di Harare dove erano ospitati gli uffici della Zec.

Mercoledì il governo aveva avvertito che non avrebbe tollerato alcuna contestazione dopo la morte di sei persone durante gli scontri e la repressione che ha seguito l’annuncio dei risultati del voto legislativo mercoledì mattina. Voto che ha sancito la vittoria dello Zanu-Pf con 145 seggi contro i 63 dell’Mdc.

Gli oppositori sono convinti che la Zec abbia gonfiato i numeri giunti ad Harare dalle zone rurali, quel tanto che è bastato per far vincere Mnangagwa al primo turno. Per questo la Zec avrebbe continuato a ritardare la pubblicazione fino a ieri.

Se si contano le cifre comunicate nella notte, Mnangagwa ha conquistato sei province su dieci totalizzando 2,47 milioni di voti mentre Chamisa vincendo in quattro province, fra cui Harare e Bulawayo, è arrivato a 2,15 milioni. Il fatto che il Coccodrillo sia riuscito ad evitare il ballottaggio con Chamisa per soli 36,464 (quello 0,8%) è l’elemento più sospetto. Può sembrare strano se si pensa che i sondaggi pre-elettorali parlavano di un margine molto ristretto e dava quasi per certo il secondo turno.

Le recriminazioni sui possibili brogli avanzate dall’Mdc forse non sono del tutto infondate. Anche gli osservatori internazionali infatti hanno più volte espresso perplessità sulla macchina organizzativa. Il capo degli osservatori dell’Ue ad esempio, il tedesco Elmar Brok, ha dichiarato di non aver capito perché l’esito sia stato diffuso con così tanto ritardo: «Più tempo trascorre per i risultati, meno le elezioni saranno credibili. I voti delle presidenziali sono stati contati per primi, quindi non capisco perché siano stati pubblicati per ultimi».

Gli osservatori europei hanno anche denunciato una diffusa sfiducia nella commissione elettorale e intimidazioni sui votanti in alcune zone del paese.

D’altra parte però Chamisa e i suoi non hanno ancora fornito alcuna prova consistente dei brogli. E poi va sempre tenuto conto di ciò che avviene nelle zone rurali dove il coccodrillo ha vinto e vivono due terzi dei votanti. Chi conosce l’Africa sa che fuori dai centri urbani si entra in un altro mondo.

Per ottenere il sostegno di gente povera, semplice e poco informata, basta qualche promessa e un sacco di riso in regalo (Vedi foto) o è sufficiente “farsi amico” il capo villaggio. Un partito come lo Zanu-Pf è talmente radicato in questo tessuto sociale da esercitare forti influenze quando si vota.

Oggi il clima che si percepisce, almeno in città, è un amalgama di delusione, rassegnazione e sfiducia. La popolazione si sente ingenua ad aver pensato che il Coccodrillo e i generali che lo hanno aiutato a cacciare Mugabe otto mesi fa, fossero davvero disposti a lasciare la State House. Si prevede un quinquennio repressivo dove i militari avranno un ruolo primario. A meno che la Corte suprema non invaliderà il voto com’è successo in Kenya la scorsa estate.

Nell’immediato lo Zimbabwe affronterà un periodo di incertezza e di probabile instabilità. Con questo clima sociale, Mnangagwa, che ha promesso diversificazione economica e rilancio, deve sperare di essere legittimato e reintegrato nella comunità internazionale dopo anni di isolamento. Senza rapidi e ingenti afflussi di aiuti e investimenti esteri, non riuscirà ad aggiustare la moribonda economia zimbabwana.