Dopo due anni di silenzio e un mese dopo aver consegnato il rapporto all’attorney general William Barr, il procuratore speciale Robert Mueller che ha indagato sulle interferenze russe nelle elezioni presidenziali Usa del 2016, il Russiagate, ha rotto il silenzio e ha rilasciato una ponderatissima dichiarazione di 10 minuti.

DAL PODIO ALLESTITO al Dipartimento di Giustizia, leggendo la propria dichiarazione, Mueller, dopo aver annunciato che il suo compito è finito e che ora si ritirerà a vita privata, ha riassunto il rapporto e chiarito la sua posizione; non ha detto nulla di nuovo e che non fosse già stato scritto, ma ha confermato le analisi fatte delle 448 pagine di rapporto che Barr aveva sbrigativamente liquidato dicendo che non era successo niente e che Trump ne usciva innocente. Non proprio.
Mueller ha chiarito che nel 2016 c’è stata un’influenza russa nelle elezioni Usa, aiutata da Wikileaks, ma che gli sforzi russi non sono stati coordinati con quelli della campagna elettorale di Trump; diverso il discorso per il reato di ostruzione della giustizia: Mueller ha spiegato che non è mai stato in suo potere incriminare il presidente degli Stati uniti, ma solo decidere se scagionarlo o meno. Sulle basi di quanto ha scoperto, ha deciso di non scagionarlo.

«ABBIAMO SCELTO CON CURA i termini usati nel rapporto» ha detto Mueller, e ha aggiunto: «Se avessimo avuto la certezza che il Presidente chiaramente non ha commesso un crimine, lo avremmo detto», ripetendo in sintesi quanto già si legge nelle conclusioni del rapporto: «Se dopo la nostra attenta analisi dei fatti fossimo convinti che il presidente non abbia ostacolato la giustizia, lo diremmo. Sulla base dei fatti e delle leggi, non possiamo arrivare a questa conclusione. Di conseguenza, per quanto questo rapporto non concluda che il presidente ha commesso un reato, non lo esclude nemmeno». E la ragione per cui non si può concludere che il presidente abbia commesso un reato, sia nel rapporto che nel suo intervento, come Mueller ha spiegato, è da ricercarsi in ragioni costituzionali e di ruolo.
Secondo Mueller in base all’interpretazione del suo ruolo data dal Dipartimento di Giustizia che gli ha affidato l’indagine, la sua inchiesta comunque non si sarebbe potuta concludere con una incriminazione, in quanto il presidente in carica non può essere incriminato; il suo compito era, quindi, indagare e decidere se scagionare o meno Trump e, ha ripetuto Mueller, non l’ha scagionato per il reato di ostruzione della giustizia.

ORA LA SCELTA DI INCRIMINARE o meno Trump spetta solo al Congresso davanti al quale, ha chiarito Mueller, lui non testimonierà, in quanto tutto quello che doveva dire è contenuto nel rapporto.
Mueller non è un personaggio che parla a caso e ogni sua, pesantissima, pesata parola, è stata analizzata non solo dai giornalisti ma anche dai membri del Congresso, primi fra tutti i candidati democratici alle presidenziali. Poco dopo la lettura del comunicato del procuratore speciale i senatori e candidati Cory Booker, Elizabeth Warren e Kamala Harris hanno chiesto l’avvio di un processo di impeachment e la speaker democratica alla Camera, Nancy Pelosi, ha diffuso una nota accompagnata da un tweet: «Nonostante la politica del Dipartimento di Giustizia vada in senso contrario – si legge nel tweet – nessuno è al di sopra della legge, nemmeno il Presidente».

Leggendo la nota di Pelosi sembra però che la speaker non stia ascoltando la richiesta che arriva da suo partito, ma stia solo ribadendo l’opinione che sostiene dall’inizio: l’Assemblea deve continuare a indagare sulla condotta di Trump e non procedere all’impeachment.

PELOSI HA PIÙ VOLTE AFFERMATO di non pensare che l’impeachment del tycoon sia uno sforzo proficuo, anche se recentemente ha aumentato la sua pressione su Trump, accusandolo di «insabbiamento» in quanto si rifiuta di collaborare con le indagini del Congresso.

Dopo le dichiarazioni di Mueller Pelosi si è limitata a dire che «il Congresso continuerà a indagare e legiferare per proteggere le nostre elezioni e garantire la nostra democrazia». È ora da vedere quanto questo basti, non a deputati e senatori, ma alla base del partito.