Mudimbi se la balla. E se la balla benissimo. Ed è veramente un Mago, come il titolo della sua canzone, perché ha stregato con la sua spontaneità e anche, non neghiamolo, con una fisicità niente male, tutto il pubblico. Si è classificato terzo tra le nuove proposte, ha conquistato la giuria demoscopica e il web per intero piazzandosi al primo posto delle tendenze di Twitter e nella top ten dei Google trend. Inoltre, proprio nella stessa giornata in cui è uscito il suo album Michel, ha vinto il Premio Assomusica «per l’originalità e la capacità di saper emozionare nel corso della sua esibizione dal vivo».

Mica male, per uno che fino a poco tempo fa quando pensava al festival lo immaginava come un percorso totalmente parallelo al suo. Dice a proposito del premio: «Io non davo per scontato neppure di partecipare figuriamoci di vincere qualcosa. È un passo avanti per il festival, significa che riconosce che la musica sta cambiando e lo sta accettando». Vincere non dispiace mai a nessuno, tanto meno a lui. La naturalezza con cui incarna questo suo essere il primo italiano di colore a sbaragliare sul palco sanremese lo rende portatore sano di un’Italia finalmente moderna. Lo amano le mamme, le nonne, le figlie, insomma Mudimbi è “normale” ci piace e siamo tutti contenti. E, insomma, mette un po’ a posto le cose senza neppure rendersene conto fino in fondo «immagino che una parte di questo entusiasmo che mi abbraccia dipenda dalla novità che incarno. In parte ne ero consapevole ma non è facile realizzare l’impatto che hai sugli altri. Credo che si tratti di una commistione di cose».

Bando alle pesantezze, Il Mago è un brano che parla di felicità, che pare essere un tema caro a questo festival e meno male «questo perché io dò molto peso alla mia di felicità, non la considero scontata e non è così semplice da ottenere come canto. Però il fatto che ne parli e che ci ragioni sicuramente aiuta me e potrebbe potenzialmente aiutare anche chi la ascolta». Gli piacciono Salmo e Caparezza, che il rap lo usa per raccontare. Come lui che è un rapper atipico, esce dai canoni stigmatizzati del genere, niente strade sporche e criminalità orgnizzata ma neppure donne e soldi «rimango fedele a ciò che ho scritto fino ad adesso: mi piace parlare di ciò che mi piace pensare. Difficilmente vado sul sociale.

Sono un buon osservatore, mi piacciono i cliché e mi piace criticarli. Io poi, sono per primo un cliché vivente, sono uno stereotipo per molte cose». Si vuole prendere il lusso di parlare di tutto, a seconda dell’umore e del momento. Ma mai di politica «non mi interessa e non ci capisco niente. Credo che nessuno ci capisca niente. E forse questo è il segreto per fare politica».