Non solo precisa di non essere mai stata contattata dalla Procura di Trapani, ma Medici senza frontiere rassicura tutti i propri sostenitori «che questa bufera di accuse non ci distoglierà nemmeno per un minuto dal soccorrere persone che stanno per morire, dal medicare le ustioni e le ferite, trattare i casi di ipotermia, rianimare gli annegati, nutrire i bambini nati orfani in mare». Una risposta secca, inviata con una nota, alle accuse di Panorama. Secondo il settimanale sarebbe infatti l’organizzazione medico-umanitaria al centro dell’inchiesta della Procura di Trapani con l’ipotesi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Msf si mette invece a disposizione, «di tutte le autorità competenti per chiarire ogni informazione». E soprattutto riafferma «con forza la totale legittimità e trasparenza del proprio operato in mare, che ha l’unico obiettivo e obbligo di salvare vite umane». Ancora una volta, «come sempre più spesso in queste ultime settimane», reagisce Msf, «ci troviamo di fronte a una valanga di illazioni e accuse mediatiche basate su strumentalizzazioni e informazioni imprecise, che non servono a nulla se non a gettare discredito sulla nostra organizzazione e sul sistema stesso di ricerca e soccorso in mare». La ong assicura che «le operazioni in mare avvengono alla luce del sole, nel rispetto e sotto gli obblighi del diritto internazionale marittimo, con il coordinamento delle autorità competenti; e servono a salvare vite umane, mentre queste polemiche faziose confondono l’opinione pubblica». Dal 2015, Msf ha soccorso 61.000 persone, in circa 300 operazioni coordinate dalla guardia costiera italiana.

Anche la ong ’SOS Méditerranée garantisce di avere rispettato tutte le procedure nelle operazioni di salvataggio. Ascoltato dal comitato Schengen, Nicola Stella, coordinatore Sar (search and rescue) della ong, ha chiarito che «la nave Aquarius non è mai entrata in acque libiche, il pattugliamento è effettuato a 20 miglia dalla costa». «Ci sono numerosi rapporti e statistiche su quella che è la zona di maggiore concentrazione dei naufragi e di chiamate di soccorso ricevute – ha osservato – e questa è la migliore indicazione che abbiamo su dove sia opportuno posizionare la nave nelle acque internazionali, al largo delle coste della Libia, che attualmente corrisponde a una zona a nord-ovest di Tripoli». E ancora: «Avvistiamo per mezzo di radar e binocoli, quando riceviamo una segnalazione è sempre e solo dallo Mrcc di Roma», il centro di coordinamento marittimo della guardia costiera. «Questa è l’unica segnalazione esterna telefonica che riceviamo – ha evidenziato – Il Mrcc di Roma quando ci segnala un’imbarcazione da soccorrere non ci rivela la fonte dalla quale hanno appreso la richiesta di soccorso».

Intanto la ong Sea Watch ha diffuso un video, che risale al 10 maggio, in cui si vede una motovedetta con bandiera libica passare a pochi metri di distanza dalla nave umanitaria, mettendo a repentaglio la vita dell’equipaggio e di centinaia di migranti a bordo di un barcone. «Abbiamo trovato una barca in difficoltà, l’abbiamo affiancata e abbiamo iniziato a lanciare i salvagente. Era stracarica, c’erano centinaia e centinaia di persone – dice uno dei membri dell’ong – Stavamo parlando con loro per avere dettagli sulle condizioni quando abbiamo ricevuto un allarme dalla nostra nave che ci diceva che la guardia costiera libica ci stava affiancando. Abbiamo visto la barca che passava davanti alla Sea Watch e puntava dritto verso di noi ad alta velocità». Nel video si vede l’imbarcazione libica, con un cannoncino a prua, provenire dal lato sinistro dalla nave della ong, a velocità sostenuta e passarle davanti, a poca distanza dalla prua. Poi si vedono i migranti che erano sul barcone salire a bordo della motovedetta. a. ma.