Il bombardamento americano dell’ospedale di Msf a Kunduz in Afghanistan non è stato un incidente. Il raid del 3 ottobre, «esteso e preciso», suggerisce un’ipotesi ben più inquietante su cui è necessaria un’indagine indipendente: il crimine di guerra. È la versione che i Medici senza frontiere han sostenuto sin dal primo giorno di quell’attacco – il cui bilancio alla fine è stato di 22 morti e oltre 30 dispersi – ma che adesso viene rilanciata con più forza dall’Afghanistan dal direttore di Msf Belgio e già direttore generale di Msf Christopher Stokes, andato di persona a vedere gli effetti del bombardamento e, dal luogo del delitto, le sue parole acquistano più forza. Lo segue, nella macabra ricognizione tra muri crollati e anneriti (visibile anche su youtube), una troupe di ToloTv, una delle più seguite emittenti del Paese.

Ed è la stessa Tv a raccogliere le accuse di Stokes e a rilanciarle nelle case degli afgani che finora hanno ascoltato soprattutto la voce del governo, le scuse della Nato e di Obama, la versione che si sarebbe trattato di un incidente per cercare di snidare guerriglieri rifugiatisi nell’ospedale. Versione che Stokes sconfessa. «La distruzione estesa e assolutamente precisa di questo ospedale – ho passato tutta la mattina ad attraversarlo con i miei colleghi osservando l’entità dei danni – non suggerisce, non sembra, non indica un errore. L’ospedale – dice Stokes davanti alle telecamere afgane – è stato ripetutamente colpito, sia nella parte anteriore sia in quella posteriore e ampiamente distrutto e danneggiato anche se avevamo fornito tutte le coordinate e le informazioni corrette a tutte le parti armate in conflitto. Vogliamo una spiegazione chiara: perché tutto quel che è successo indica una grave violazione del diritto umanitario internazionale e, di conseguenza, un crimine di guerra».

Sulla versione americana per cui il raid aereo sarebbe stato chiesto dagli afgani per la presenza dei talebani Stokes sostiene che «nel compound non erano entrati talebani armati (Msf ha sempre chiarito che chiunque ha bisogno di cure viene ricoverato ma senza armi ndr)e avevamo un chiaro controllo di quel che stava accadendo dentro e fuori il centro e non si era verificato nessun combattimento nelle ore precedenti l’attacco (avvenuto verso le due di notte ndr). I nostri pazienti, dottori e membri dello staff pensavano di essere al sicuro e fino a quando non si capirà quel che è successo veramente non potremo riaprire la struttura». Intanto petizioni e richieste ufficiali perché si svolga un’indagine indipendente incontrano un muro di silenzio cui viene opposta un’indagine interna militare.

Eppure sia Unama, la forza Onu a Kabul, sia la missione Ue hanno preso posizioni dure: l’inviato speciale di Bruxelles Franz-Michael Melbin ha definito il bombardamento una «chiara violazione delle leggi internazionali» e ha chiesto un’indagine trasparente come Msf pretende dal primo giorno. Per ora l’unica vera risposta è quella di aumentare l’impegno militare in una guerra che sta per assistere a un nuovo coinvolgimento delle nostre forze armate, con costi militari che andranno a discapito di quelli civili per favorire la ricostruzione. Proprio ieri a Kabul Equality for Peace and Democracy, un’associazione afgana della società civile, ha fatto i conti in tasca alla guerra. Ogni giorno il conflitto costa agli afgani 24 milioni di dollari: nove miliardi nel solo 2014.