Piazza Affari aveva già salutato fin dal mattino la riconferma di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola alla guida del Monte dei Paschi di Siena, con un titolo in costante rialzo fino al finale positivo del 2,65%, a 0,186 euro. Il primo consiglio di amministrazione del nuovo anno, che doveva chiarire la posizione del presidente e dell’amministratore delegato dopo il posticipo a giugno del maxi aumento di capitale da tre miliardi, ha confermato le attese borsistiche e si è chiuso senza sorprese eclatanti. L’ad Viola ha correttamente presentato le sue dimissioni, respinte con voto unanime dal cda, e al termine della riunione la nota ufficiale di Rocca Salimbeni ha fotografato lo stato delle cose: “Il Cda di Mps e il management effettueranno ogni ragionevole sforzo al fine di eseguire con successo l’operazione di aumento di capitale nei tempi più rapidi, compatibili con i termini deliberati in assemblea e alle migliori condizioni consentite nell’attuale contesto”.

Nonostante lo scontro di fine anno nell’assemblea dei soci sulla tempistica della ricapitalizzazione, che i vertici della banca volevano anticipare a questo mese di gennaio, il piano industriale Mps fino al 2017 è stato progettato da Profumo e Viola. Con l’ok degli azionisti, la benedizione del Tesoro italiano, e anche quella dalla pur rigida Commissione Ue. Con la strada già tracciata, la stessa Fondazione Mps, primo socio della banca con il 33,4%, dopo l’assemblea ha più volte ribadito con la sua presidente Antonella Mansi l’importanza di avere sul ponte di comando i due demiurghi del piano industriale. Analoghi auspici, anche con interventi diretti nei confronti di Profumo e Viola, sono arrivati da tutti gli altri attori principali della vicenda, dal ministro Saccomanni al sindaco senese Bruno Valentini. Fino al presidente toscano Enrico Rossi, ieri pronto a segnalare: “C’è una preoccupazione legittima per quella che è la prima azienda della Toscana, da cui dipende anche gran parte della nostra economia”. Di qui la decisione odierna di andare avanti. Non senza un po’ di veleno.

L’ombroso Profumo, soprannominato “Arrogance” dall’abrasivo sito Dagospia, aveva già minacciato interventi legali prima dell’assemblea in cui è andato in minoranza. In discussione, secondo il presidente della banca, l’atteggiamento della Fondazione che poteva prefigurare un conflitto di interessi. Ieri è tornato all’attacco, stavolta per denunciare i possibili costi – in teoria circa 120 milioni – causati dal posticipo della ricapitalizzazione. Così il Cda, “anche sulla base di quanto richiesto dalla Consob, ha deliberato di avviare approfondimenti di natura tecnico legale riguardo gli eventuali effetti dannosi conseguenti allo slittamento dell’aumento di capitale rispetto ai termini originariamente proposti dal Consiglio”. La Fondazione, va da sé, ha subito replicato, anticipando puntuali documentazioni a sostegno della decisione presa all’assemblea degli azionisti.

Intanto il piano industriale va avanti: due giorni fa Consum.it del gruppo Mps ha venduto 551 milioni di crediti al fondo inglese Anacap, cedendo l’intero portafoglio di cessione del quinto e delegazioni di pagamento. Soldi in cassa, essenziali per risalire la china e rivedere la luce, secondo Profumo e Viola, alla fine di una ristrutturazione che sarà comunque pesantissima. Prova ne sono gli appelli dei sindacati del credito al ministro Saccomanni, perché non siano penalizzati gli attuali 28mila addetti del gruppo bancario. Anche se, nel piano, c’è scritto nero su bianco che ne dovranno restare solo 23mila.