Lo chiedeva l’Europa, il governo Draghi ha puntualmente eseguito. Non sono bastati i conti che nel 2021 hanno portato Mps ad avere un utile netto di 310 milioni di euro, il miglior risultato dal 2015 e uno dei migliori dell’ultimo tormentatissimo decennio, per salvare l’ad Guido Bastianini dalla scure del Tesoro, azionista di riferimento con il 64% dell’istituto. Come aveva anticipato il Financial Times, l’esecutivo non si fidava di Bastianini per portare a termine i suoi piani di cessione della banca. E così all’ad, nominato in quota 5 Stelle dal secondo governo Conte, sono state revocate le deleghe di direttore generale, amministratore delegato e amministratore incaricato del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi di Mps.
Al posto di Bastianini il cda di Mps ha deliberato all’unanimità la nomina di Luigi Lovaglio, 66 anni, appena cooptato nel board dell’istituto e banchiere di lungo corso con una carriera tutta interna a Unicredit, di cui ha guidato la controllata polacca Bank Pekao, per poi approdare alla testa del Creval, di cui ha curato con successo aumento di capitale e ristrutturazione fino all’Opa vittoriosa del Credit Agricole. Lovaglio è stato ritenuto dal Tesoro, in particolare dal suo dg Alessandro Rivera, l’uomo più adatto per ristrutturare una banca che deve essere ceduta, per antichi accordi presi con Bruxelles all’epoca della sua nazionalizzazione di fatto, nel dicembre del 2017.
Al contrario Bastianini cullava ancora il sogno di un istituto di credito “stand alone”, cioè in grado di poter continuare a camminare sulle sue gambe. Questo nonostante la tagliola di un prossimo aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro collegato al nuovo piano industriale fissato al 2026, aumento che farà parte anche del nuovo accordo con la Dg Comp (l’autorità per la concorrenza di Bruxelles guidata da Margrethe Vestager) e la Commissione Ue.
Il compito di Lovaglio sarà quindi quello di accelerare sulla “dieta dimagrante” del gruppo Mps, vendendo gli sportelli del Meridione al Mediocredito Centrale, e ulteriori filiali a Unicredit e ad altri istituti. Al nuovo ad anche la “mission” di elaborare, con il nuovo piano industriale, un piano esuberi più massiccio di quello approvato pochi mesi fa, per ridurre di alcune migliaia gli attuali 21mila dipendenti di Mps, e convincere così i mercati finanziari a sostenere il prossimo aumento di capitale, evitando interventi pubblici. Una strategia che vede però contrari, in particolare sul fronte occupazionale, quasi tutti i sindacati dei lavoratori, Fisac Cgil in testa. Mentre gli enti locali, dal Comune di Siena alla Regione Toscana, criticano la volontà del Tesoro di smembrare, di fatto, la più antica banca italiana.
Peraltro nella nota sui conti Mps si legge che “attualmente non vi è una stima precisa dei tempi necessari (alle autorità Ue e alla Bce, ndr) per portare a termine i rispettivi processi” autorizzativi relativi al piano industriale al 2026, e al connesso aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro.
Quanto ai conti 2021, oltre ai 310 milioni di utile il gruppo Mps registra ricavi per 2,98 miliardi di euro (+1,3%),con un margine di interesse di 1,222 miliardi (-5,4%) e commissioni in crescita del 3,8% a 1,484 miliardi. Il risultato operativo lordo sale del 15,3% a 874 milioni, la raccolta del gruppo è stata pari a 194,7 miliardi, e il totale dei crediti deteriorati è pari a 4,1 miliardi, per una esposizione netta di 2,1 miliardi e una percentuale di copertura al 47,9%. Più alti anche gli indicatori di capitale, con l’azzeramento di uno shortfall atteso di 1,5 miliardi di euro.