Mozart, viaggio al cuore della produzione musicale europea
Leopold e Wolfgang Mozart, 1770 ca.
Alias Domenica

Mozart, viaggio al cuore della produzione musicale europea

Protagonisti della musica Ragione, pietas, giustizia: queste le parole chiave delle lettere scambiate da Leopold Mozart con i figli durante il Grand Tour europeo, che precede i viaggi italiani, tra il 1763 e il 1766
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 27 marzo 2022

Il padre padrone e il figlio ribelle, il genitore autoritario, severo, inflessibile e la sua vittima innocente. Il gusto per gli stereotipi narrativi, nonché la tendenza a leggere le «vite d’artista» come drammi in bianco e nero, hanno ridotto la relazione tra Leopold Mozart e suo figlio Wolfgang (complice una storiografia piuttosto disinvolta) a una caricatura, a un feuilleton di cattivo gusto. Da una parte del palcoscenico il musicista fallito che riversa sul figlio le proprie frustrazioni, lo costringe ad affrontare viaggi estenuanti e crudeli, lo trasforma in una macchina da musica col solo intento di trarne onori, profitti e riconoscimenti. Dall’altra il bambino prodigio, il musicista iperdotato, ma ingenuo e fanciullesco, incapace di liberarsi dalla catena del proprio aguzzino.

Un cittadino in fieri
Ovviamente non è così. Il rapporto tra questi due musicisti illustri, che per ventura si sono trovati ad appartenere alla medesima famiglia, è un prisma fatto di mille facce, diverse e contraddittorie. Come ha dimostrato senza possibilità di equivoci Lidia Bramani in Le nozze di Figaro: Mozart massone e illuminista (il Saggiatore, 2020) Leopold Mozart, oltre a non essere affatto un compositore frustrato, era un uomo colto, dotato di una solida preparazione letteraria, filosofica e politica. Era un lettore appassionato e instancabile, in contatto diretto con gli esponenti più autorevoli del pensiero scientifico e illuminista di metà Settecento. Il che non ne fa, necessariamente, un buon padre. Ma di fatto è stato lui a introdurre il giovane Wolfgang negli ambienti culturali più «radicali» di Salisburgo prima e di Vienna poi, ad avvicinarlo al pensiero massonico, a guidarlo con mano sicura nella sua formazione letteraria.

E Wolfgang, dal canto suo, non ha mai rinnegato, anzi, il paziente lavoro «pedagogico» svolto da Leopold: non soltanto sul piano strettamente musicale e compositivo, ma anche e soprattutto su quello della formazione del «buon cittadino». Riconoscendogli, tra l’altro – come dimostra Sandro Cappelletto in Mozart: scene dai viaggi in Italia (il Saggiatore, 2020) – il merito di avergli offerto la straordinaria possibilità di immergersi dal vivo, senza alcuna mediazione, nelle principali tradizioni musicali europee.

Una conferma ulteriore di questa affettuosa e fertile alleanza famigliare (non priva, è ovvio, di screzi, litigi e incomprensioni) viene dal corpus, ricchissimo e sterminato, costituito dall’epistolario della famiglia Mozart. L’edizione di riferimento, Mozart. Briefe und Aufzeichungen, è quella, in otto volumi, pubblicata da Bärenreiter tra il 1962 e il 2006.

Anni cruciali
Il Saggiatore, che sta dimostrando una particolare sensibilità nei confronti degli studi mozartiani, lancia ora un ambizioso progetto editoriale, che prevede la traduzione italiana dell’intera raccolta articolata in quattro volumi. Ora, la prima silloge, Lettere della famiglia Mozart I primi viaggi e il Grand Tour in Europa (a cura di Cliff Eisen, traduzione di Elli Stern e Patrizia Rebulla, pp. 672, euro 50,00) che raccoglie la corrispondenza di anni cruciali sia per il capofamiglia che per il figlio, anzi per i figli. Le lettere riguardano infatti il decisivo Grand Tour europeo che precede i viaggi italiani: tre anni e mezzo densissimi e senza riposo, tra il 9 giugno del 1763 e il 29 novembre 1766, che portano la famiglia, secondo un piano messo a punto sin nei minimi dettagli da Leopold, nei centri vitali della produzione musicale europea. Da Salisburgo in Germania (Monaco, Magonza, Francoforte, Aquisgrana le tappe principali) poi per qualche mese a Parigi, da qui a Londra (dove il soggiorno si protrae per più di un anno), L’Aja, nuovamente Parigi e la Francia (Digione, Lione) e infine il ritorno a casa, passando per la Svizzera e ancora per la Germania.

La maggior parte delle lettere è di mano di Leopold che scrive frequentemente al suo corrispondente privilegiato: Johann Lorenz Hagenauer, il ricco commerciante di spezie e di generi alimentari proprietario dell’appartamento della Getreidegasse dove la famiglia Mozart risiedeva a Salisburgo. Affittuario, dunque, ma anche «finanziatore», a volte un po’ recalcitrante, di un viaggio lunghissimo e assai dispendioso. Rarissime le lettere (più che altro glosse a margine di quelle del padre) firmate da Wolfgang (che del resto all’inizio del Grand Tour ha appena sette anni), ancor meno frequenti quelle di Nannerl, la primogenita, allora dodicenne, ma poco versata per la scrittura, e infine quasi inesistenti quelle di Maria Anna, la madre.

Avido lettore di cronaca
Ed è proprio da questo «monologo epistolare» che emergono i tratti di carattere, di comportamento e di pensiero di Leopold. Il quale si dimostra innanzitutto un lettore avido della «stampa locale», interessato ai fatti di cronaca e agli accadimenti storici: segue con interesse il processo contro Lord William Byron, un nobile inglese accusato di un duplice omicidio, si addolora per le vittime delle inondazioni di Francoforte, degli incendi di Eisenstadt e del terremoto a Santo Domingo. A Parigi non manca di prendere in giro, con una certa cattiveria «razionalista», le superstizioni dei francesi atterriti dalle conseguenze «catastrofiche» della eclissi di luna del 1764, mentre lamenta che nessuno si occupi delle migliaia di vittime innocenti causate dalla Guerra di Successione Bavarese. E non c’è alcun dubbio che per bocca del padre il piccolo Wolfgang Amadeus abbia imparato ben presto, viaggiando in carrozza, il significato cruciale delle tre parole chiave che emergono da queste lettere: ragione, pietas, giustizia.

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