Forse non meno di ieri c’è l’abitudine, nell’immaginario corrente, di raggelare il bambino e l’adolescente Wolfgang Amadè Mozart nel mito del virtuoso puro e semplice. Tutt’intorno le figure che contribuirono alla nascita di quel mito diventano meri fantasmi. Desta un certo sorriso: i dimenticati della Storia, infatti, alla luce accecante del genio, non sono questa volta gli «umili» di manzoniana memoria, bensì gli illustrissimi dell’epoca: la variopinta umanità delle corti e delle chiese, ossia la stessa che avrebbe potuto, attraverso lusinghe e tabacchiere d’oro, accomodare il fermento creativo del prodigio nel comfort di qualche fatua gratificazione.

Con Mozart Scene dai viaggi in Italia (il Saggiatore, pp. 350, € 28,00) Sandro Cappelletto restituisce consistenza a quelle ombre, rilevando l’importanza delle dinamiche sociali nell’evoluzione del genio, inteso anche e soprattutto al di fuori del mero sonar per meraviglia. Quelle figure, insomma, restituiscono la parte di vita che contribuirà a fare di Mozart l’operista eccelso per capacità di portare sulla scena l’uomo nelle sue debolezze e nei suoi pregi, al di fuori degli usurati affetti metastasiani di settecentesca routine.

Grande cosmopolita
La poesia è un pugno chiuso, la narrativa è una mano aperta. Così affermava Sylvia Plath. E lo studioso inglese Michael Holroyd aggiungeva che però la biografia è una stretta di mano. Nello spaccato biografico dei tre viaggi intrapresi dal giovanissimo Mozart nella penisola, Cappelletto si comporta come l’elegante conducente della carrozza: stringe prima la mano ai passeggeri, poi mette in chiaro, con cura di dettagli, il piano di viaggio. 720 giorni, 3300 chilometri, 200 cambi di cavallo: 350 pagine di geografia aperta sulla più disparata umanità e filtrata da stralci di lettere dello stesso Wolfgang, più spesso del padre Leopold. Trattandosi dell’arco di tempo che va dal dicembre 1769 al marzo 1773, il libro di Cappelletto cade esattamente in occasione dei 250 anni dal primo e più intenso dei tre viaggi. L’enunciazione desultoria con cui l’autore apre il volume ci cala con efficacia nel bel mezzo della cerchia famigliare e amicale di Wolfgang: «Ma si fermeranno mai, questi Mozart? Proprio oggi, sabato 29 novembre 1766, sono appena tornati da un viaggio lunghissimo e già parlano di ripartire. Voci insistenti dicono che andranno presto in Scandinavia, forse in Russia, perfino in Cina».

Attraverso lo sguardo di Beda Hübner, il bibliotecario dell’abbazia salisburghese di San Pietro, Cappelletto ci presenta tutta in una volta l’immagine del compositore cosmopolita per eccellenza. Con un’avvertenza: il nostro titolo bibliografico designa genericamente, e ricercatamente, il nome di famiglia: come per decentrare dalla personalità di Wolfgang Amadè e, attraverso la sovrapposizione degli sguardi di genitore e figlio, dare maggiore visibilità a paesaggi urbani e di corte. È il cognome, fra le altre cose, lo spunto per rispolverare un vecchio mistero: quello di una Penelope Mozart di cittadinanza veneziana e paternità sospetta.

Alcuni incontri emergono su altri perché delineano la nuda immagine del quattordicenne che coltiva le sue amicizie per elementare e normalissima urgenza di affetti e di gioco. Da annotare, quantomeno, quello con il cosiddetto Mozart inglese: quel Thomas Linley, di soli tre mesi più piccolo, che seguiva il magistero di Pietro Nardini. L’occasione è di grande rilevanza, e ci descrive, invece che un prevedibile antagonismo fra giovani star, un reciproco rispetto.

Colpo di scena
Per la maggiore parte del libro osserviamo i Mozart, di provenienza sociale non certo elevata, alla luce del plauso incondizionato di principi, re e cardinali. Ma in coda si profila un colpo di scena: quando l’arciduca Ferdinando d’Asburgo sottopone alla madre, l’imperatrice Maria Teresa, la possibilità di assumere Wolfgang alla corte milanese, ella replica con sprezzo su persone inutili e pezzenti con la valigia in mano. È con questo rovesciamento, di bell’effetto teatrale, che si conclude il viaggio di Sandro Cappelletto, ma come per dire: in his end is his beginning.