Un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri per verificare quante volte la magistratura e le forze dell’ordine hanno applicato il decreto anti-caporalato (il Decreto legislativo 109 del 2012) che permette ai migranti irregolari sfruttati di denunciare i datori di lavoro ottenendo il permesso di soggiorno. L’hanno presentata ieri in una conferenza stampa che si è tenuta alla Camera dei Deputati un vasto schieramento di forze sociali e parlamentari a cui partecipano movimenti sociali come Action e il centro sociale «Ex Canapificio» di Caserta, l’Associazione studi giuridici immigrazione (Asgi), la Cgil, i coordinamenti dei migranti di Caserta e delle comunità Sikh e africane del sud Italia insieme ai deputati Pd Cesare Damiano (presidente della Commissione Lavoro), Marco Miccoli e Marco Paciotti, quelli di Sel Ileana Piazzoni e Titti Di Salvo, il 5 Stelle Walter Rizzetto e Adriano Zaccagnini del gruppo misto.

Stando ai primi dati, il bilancio del decreto che avrebbe dovuto segnare una svolta nella lotta contro il caporalato è negativo. Le denunce sono state poche decine e, al momento, si conta una sola inchiesta condotta dalla Procura di Palmi. I promotori dell’iniziativa hanno verificato una serie di lacune fatali: «Il decreto non prevede, ad esempio, un meccanismo che permetta al lavoratore di restare in Italia senza essere espulso fino a quando il giudice concede il permesso – afferma Salvatore Fachile dell’Asgi – e prevede il permesso solo quando lo sfruttamento avviene nei confronti di 4 o più stranieri non regolari o quando lo sfruttamento arriva ad un punto tale da mettere in pericolo la vita. Così facendo, a differenza della direttiva europea 52 del 2009 recepita nel Decreto, si escludono le ipotesi più frequenti di sfruttamento». Il progetto è di presentare entro novembre una serie di emendamenti che rendano più adeguato il quadro normativo contro lo sfruttamento dei migranti senza permesso di soggiorno.

I promotori intendono proporre modifiche anche al testo unico sull’immigrazione. La condizione degli irregolari sfruttati tocca diverse normative e settori produttivi diversi dall’agricoltura. «Ci sono l’edilizia, il commercio e il turismo – afferma Marco Miccoli (Pd) – E poi le badanti, che non rientrano nella tipologia di sfruttamento del decreto 109 perchè lavorano singolarmente, e non possiamo dimenticare la situazione dei minori. Insomma, è necessario formulare una nuova legge quadro».

Giovanna Cavallo (Action) si è soffermato sul modo in cui sarà organizzato il percorso: «Organizzeremo delegazioni composte da movimenti, associazioni, sindacati e parlamentari che andranno nei campi dove lavorano i migranti a Saluzzo, Rosarno, Foggia o CastelVolturno. Chiederemo l’avvio di un monitoraggio sulle loro condizioni, un tavolo di confronto con le istituzioni interessate, oltre che una revisione dei controlli nei luoghi di lavoro. Abbiamo diffuso un appello affinché questo percorso – che è molto difficile – diventi uno strumento di dibattito pubblico».

La condizione di irregolarità è una fase attraversata dalla quasi totalità dei migranti. La crisi economica ha allungato questo periodo a tal punto che alla fine del 2011 non erano stati rinnovati 263 mila permessi di soggiorno. Questa condizione di invisibilità ha peggiorato nettamente il lavoro nelle campagne e nelle periferie delle nostre città. «O si aggiusta il tiro riformando un decreto che non funziona – conclude Fachile (Asgi) – oppure è giusto riaprire una procedura di infrazione contro l’Italia. Il Dl 109 potrebbe essere corretto sulla base della stessa delegata già avuta dal governo, quindi senza bisogno di passaggio parlamentare, entro agosto del 2014».