Si sono presentati in più di cento a bussare alle porte del dipartimento al Patrimonio di Roma Capitale, la cui delega è in mano al vicesindaco di Sel Luigi Nieri. Attivisti di una coalizione di «spazi sociali e autogestiti». Ci sono le occupazioni «storiche» della città come il Corto Circuito e il Forte Prenestino, nate tra la fine degli anni ’80 e i primo ’90. Poi ci sono l’Angelo Mai, il Teatro Valle Occupato, il Cinema Palazzo, gli studentati autogestiti, e i centri sociali degli anni Duemila come l’Astra, Esc, Strike, Spartaco, Acrobax. Poi Communia, la Torre, Scup, Officine Zero.

Tutti insieme come non accadeva da tempo, tutti insieme per pretendere dalla giunta di Ignazio Marino impegni chiari, per difendere l’«anomalia romana» fatta di decine di occupazioni abitative, ma anche di straordinarie e longeve esperienze di autogestione e recupero di spazi nei territori. La storia degli spazi occupati e autogestiti ha cambiato il volto e la geografia di Roma negli ultimi anni, un patrimonio incredibile che ha coinvolto generazioni e migliaia di persone.

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«Abbiamo occupato spazi lasciati all’abbandono o alla speculazione, recuperandoli con le nostre forze all’uso pubblico e condiviso, raccogliendo autonomamente le risorse per sostenere la continuità e il proliferare delle attività», spiegano gli attivisti mentre espongono cartelli e striscioni. «Gli spazi occupati e autogestiti sono un bene comune della città, esperimenti avanzati di creazione e gestione collettiva. Non corrispondono ai canoni dell’amministrazione pubblica né tantomeno a quelli dell’uso privato.

Sono progetti di autovalorizzazione del patrimonio, a partire dall’uso e non dal valore, che l’amministrazione dovrebbe riconoscere nella loro specificità, garantire e tutelare favorendone lo sviluppo. Invece, appellandosi alla legalità e adottando un criterio rovesciato di giustizia, il Dipartimento del Patrimonio batte cassa e cerca di regolare il bilancio disastroso del Comune di Roma presentando il conto proprio ai centri sociali, mentre agisce l’emergenza abitativa sgomberando gli occupanti e garantendo la rendita immobiliare». Alla fine di un incontro amministrazione e spazi sociali si sono riconvocati per un tavolo con il vicesindaco Nieri il prossimo lunedì «per affrontare le questioni più urgenti che sono sul piatto e iniziare un percorso di confronto».

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Proprio oggi il Marino e il Prefetto Pecoraro avrebbero dovuto incontrarsi per discutere della sicurezza a Roma e dello sgombero di 60 edifici, annunciati a mezzo stampa dalla Procura dove sulle occupazioni sta lavorando il pool antiterrorismo. L’incontro potrebbe essere sfumato per i guai della Giunta Marino, sempre più ostaggio dei vincoli di bilancio con venerdì in agenda l’appuntamento con il premier Renzi a cui il primo cittadino della Capitale dovrà presentare il piano di rientro, pena il commissariamento.

Domani invece nella sala del Carroccio in Campidoglio i movimenti per il diritto all’abitare hanno incontrato ad un confronto «tutti gli amministratori capitolini e i parlamentari romani, i Consiglieri, gli Assessori e i Presidenti dei Municipi, come i Consiglieri e gli Assessori Comunali, insieme ai rappresentanti delle forze politiche, dei sindacati, delle associazioni e dei movimenti che hanno a cuore i diritti e la dignità delle persone».

All’ordine del giorno l’articolo 5 del Piano Casa del governo Renzi: «come si può pensare di staccare le utenze a migliaia di persone? A impedire di prendere la residenza ai cittadini che vivono stabilmente, magari da un decennio, in una casa? Le amministrazioni e le istituzioni che si dicono contrarie agli sgomberi e all’applicazione dell’articolo 5 come vogliono contrastarlo concretamente?».

Queste le domande che i movimenti porranno ad amministratori e figure istituzionali ad ogni livello. Intanto l’estate si avvicina, e occupanti e occupazioni sperano almeno in una tregua. Ma le intenzioni di una giunta potrebbero non bastare di fronte alle volontà della magistratura e del ministero degli Interni.