Il titolo dell’album fin da subito attira l’attenzione, specialmente la nostra: Godere Operaio. Al secondo disco, gli Elem sono un multiforme collettivo napoletano capitanato da Marco Messina, uno dei pilastri dei 99 Posse, produttore e maestro del suono con tanti progetti di elettronica e musiche per film; Fabrizio Elvetico invece è un compositore di musica antica e contemporanea in tante collaborazioni importanti; Loredana Antonelli è videoartista, regista, ospitata alla Biennale nella sezione musica. Cosa hanno in comune i tre artisti? Innanzitutto una performance live con la propensione all’improvvisazione dove i visuals diventano la proposta viatica dei ritmi ipnotici. I campionamenti techno possono diventare progressive trance o attraversare le cupe atmosfere industrial e, saggiamente amalgamati a strumenti acustici come sax o chitarra, lanciano forti messaggi politici. Alle basi infatti si sovrappongono tante voci come quella di Gandalf il Viola della tribù degli Indiani Metropolitani che, in una conferenza stampa nel 1977, parla di «godere operaio e godimento studentesco» di fronte a un giovane D’Alema; quella di Jello Biafra dei Dead Kennedys che con durezza ripete: «quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo», o il dub sotto le parole dell’anarchica statunitense in Emma. Scorrono temi importanti come il maschilismo, la schiavitù dal petrolio, le armi, tanto che ad aprire il disco troviamo This is Religion, rivisitazione electro dub campionata dal brano dei P.I.L., con un contundente cut-up del testo anticlericale originale. Un progetto di sperimentazione sorto nell’ex Asilo Filangeri che è un potente concentrato della cultura rave e dei movimenti libertari. Un album perfettamente articolato, impegnato, senza sbavature e privo di compromessi.