Riempiono la lunga scalinata dell’Arce Capitolina, proprio di fronte all’ingresso del palazzo Senatorio in Campidoglio. Ai piedi dei gradoni, dal microfono si passano la parola diversi pezzi della Roma che pretende di dire la sua: comitati di quartiere, centri sociali, associazioni e cittadini che assieme alla Carovana delle Periferie e alla rete «Decide Roma» sono arrivati alle finestre del consiglio comunale per dare la scossa all’amministrazione Raggi. Mentre la sindaca incontra Massimo Colomban, nuovo assessore alle società partecipate, assieme al fido Andrea Mazzillo, cui ha assegnato la pesante delega al bilancio, cercano con ostinazione di colmare la differenza che passa tra amministrazione e politica. Perché, spiegano, «l’aver preso il governo non coincide con l’aver preso il potere».

 

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Se non proprio di disillusione, possiamo parlare di delusione: dal palazzo non si è fatto vedere nessuno. Non si è mossa la sindaca, non c’era nessuno della giunta, tantomeno qualche consigliere comunale della maggioranza grillina. Si affaccia per un attimo il solito Enrico Stefàno, giovane consigliere al secondo mandato, che però spiega: non si trattano temi di sua «competenza». Qualcuno perde la pazienza: «Vi abbiamo votato, questo è il ringraziamento!». Per di più si apprende che l’ingresso alla sala della Protomoteca, richiesta dal sindacato di base Usb, è limitato ai soli lavoratori e rappresentanti sindacali. La decisione suona come uno schiaffo: porterebbe la firma di Raffaele Marra, il contestato funzionario assegnato alla direzione delle risorse umane.

«Anche l’immobilismo fa il gioco dei poteri forti» sintetizza Marco Bersani del gruppo che ha studiato la questione del debito all’interno di «Decide Roma». «Invece di dare sponda alla richiesta di cambiamento, l’amministrazione Raggi si chiude nella torre d’avorio», dicono gli interventi. Si rimproverano alla giunta tre cose. Intanto la mancanza di una «visione sistemica»della città, che comporta l’affidarsi a «competenze» non necessariamente portatrici di nuove forme della politica. Il concetto «astratto» di legalità e onestà, poi, «comporta il rischio che leggi ingiuste facciano diventare illegale l’interesse della collettività e legale quello del profitto privato». Da qui la richiesta di fermare sfratti e sgomberi. Infine, si contesta l’idea che «l’efficienza del governo cittadino si misuri sulla stabilità dei conti». «Il no alle Olimpiadi – dicono tirando le conclusioni – va riempito di contenuti alternativi per avere significato politico»

In serata, arriva una risposta scritta ad alcune delle questioni sollevate in piazza. La diffonde il capogruppo pentastellato Paolo Ferrara via Facebook. Sulla partecipazione fornisce una scappatoia tecnica: «Si sta predisponendo una sezione ad hoc sul sito del Comune di Roma per aggiornare i romani sulle iniziative e le azioni concrete in corso di lavorazione». Quanto al debito, Ferrara annuncia «un tavolo di lavoro al fine di analizzare le criticità di maggior rilievo».

Sulla questione spinosa dei Piani di zona, forme di edilizia convenzionata spesso trasformatasi in speculazione edilizia, Ferrara promette: «Ogni provvedimento necessario a ripristinare la legalità sarà adottato senza indugio». «Non stiamo a elemosinare il cambio di rotta della giunta, andiamo avanti per la nostra strada – dicono dalla piazza chiudendo l’assemblea – Entro metà novembre lanceremo assemblee territoriali sotto ogni municipio, e saremo pronti a tornare in Campidoglio»