Il 19 febbraio prossimo si terrà la prima udienza del procedimento che vede imputati dodici studenti dei collettivi della Sapienza, imputati di «attentato contro gli organi costituzionali», per aver tentato di varcare il portone del Senato il 24 novembre del 2011. Armati di cartelli e «libri scudo» gli studenti protestavano contro l’approvazione della Riforma Gelmini e, riuscendo a prendere di sorpresa le forze dell’ordine, venivano bloccati solo sulla porta a vetri dell’ingresso di palazzo Madama dagli uscieri e dagli agenti della digos. Il blitz diede il via all’ondata di proteste studentesche che culminò negli scontri di Piazza del Popolo il 14 dicembre, giorno in cui l’ultimo governo Berlusconi «comprava» la fiducia in parlamento. Gli attivisti rischiano ora una condanna fino ai cinque anni di carcere: queste sono infatti le pene richieste dal pm Luca Tescaroli titolare delle indagini. Indagini che hanno il sapore dell’accanimento giudiziario. Esiste infatti già un procedimento per gli stessi fatti che vede gli attivisti imputati per lesioni e resistenza. «Non vorremmo che la volontà della procura sia una condanna esemplare – dicono gli studenti dalla Sapienza – per punire chi in questi anni si è battuto, anche in maniera radicale, contro la dismissione dell’istruzione pubblica».