«Primarie sì, ma la coalizione non si può estendere ai 5 stelle in nessun caso». Carlo Calenda a sorpresa apre ai gazebo per la scelta del candidato sindaco di Roma per il centrosinistra. Accetta cioè la condizione posta dal Pd e rinuncia a quella investitura dall’alto che per vari giorni ha cercato di ottenere da Zingaretti.

Ma mette dei paletti. Il primo è l’esclusione di ogni dialogo presente e soprattutto futuro con i grillini. Il secondo è che le primarie si svolgano di persona. «Non siamo disponibili, e lo diciamo da subito, a pantomime come le primarie online in stile Rousseau», ha detto ieri al tavolo del centrosinistra capitolino (convocato rigorosamente online) Flavia De Gregorio, rappresentante di Azione.

Al tavolo il niet ai grillini “deraggizzati” non è stato unanime. Anzi, se i renziani e Amedeo Ciaccheri di Liberare Roma hanno condiviso l’idea di chiudere il perimetro della coalizione («Non ci interessano accordi di palazzo con M5S, piuttosto dobbiamo parlare ai loro ex elettori delusi», ha detto Ciaccheri), Articolo 1, Sinistra italiana e il gruppo di Stefano Fassina non hanno affatto chiuso all’ipotesi. E hanno definito «uno sbaglio» ignorare la discussione -assai dura- che sta avvenendo dentro il M5S.

Il segretario del Pd Andrea Casu ha cercato di mediare tra i due fronti: «Oggi il M5S sostiene Virginia Raggi e questo esclude ogni dialogo. Se il sostegno a Raggi dovesse venire meno, valuteremo tutti insieme cosa sarà più opportuno fare». «Ricordiamoci sempre che mancano 7 mesi al voto», l’appello di Casu.

Ma a De Gregorio questo non è bastato: «Il Pd deve chiarire una volta per tutte che il periodo che ci separa dalle primarie non sarà usato per fare un accordo con i Cinque stelle. Fino a che questo punto fondamentale non verrà chiarito non esiste una coalizione e dunque la possibilità di definire tramite primarie il candidato sindaco».

Molto chiara la posizione del renziano Marco Cappa: «Per noi il tavolo è questo. Dobbiamo chiarire che non siamo per fare un discorso politico aperto a chiunque. Il fallimento non è stato solo della Raggi. Non è che se viene meno la sua candidatura siamo pronti a riaprire il discorso». «Se si mette per iscritto che questo è il perimetro possiamo fare un’apertura sul percorso politico che può condurre anche a primarie», la conclusione dell’esponente di Italia Viva.

Casu però non ha chiuso definitivamente le porte ai grillini: «Per noi il giudizio sulla giunta Raggi è di fallimento». Stop. Non una parola di più sul futuro.
Fatto sta che, dopo la mossa di Calenda, che molti ormai davano proiettato verso una corsa in solitaria, la strada verso le primarie si è fatta più in discesa. Il segretario del Pd romano ha spiegato che sarà costituto un gruppo di lavoro «per definire regole che rendano possibili i gazebo al tempo del Covid». Si sta pensando di aprire le urne tra gennaio e febbraio, certamente non entro e la fine del 2020.

Nei prossimi giorni partiranno i consueti tavoli per il programma, ma il primo obiettivo della neonata coalizione è «offrire risposte all’emergenza Covid e avviare un coordinamento permanente delle iniziative». «Convocheremo insieme tutti gli eletti del centro-sinistra di Roma, dai Municipi al Parlamento- spiegano- per stabilire misure concrete a sostegno dei cittadini di Roma».

La griglia delle candidature alle primarie si va intanto delineando. Se Calenda sarà certamente il candidato più pesante in termini mediatici, la sua principale sfidante sarà Monica Cirinnà, che potrebbe essere sostenuta dal Pd ma anche da Liberare Roma e da altre forze di sinistra. In pista dovrebbero esserci anche il presidente del III municipio Giovanni Caudo e il consigliere regionale Paolo Ciani, vicino alla comunità di Sant’Egidio. Una gara a quattro che vedrebbe l’ex ferrarista Calenda partire in pole position, ma aperta a possibili sorprese.