Con le dimissioni del sindaco la crisi istituzionale veneziana raggiunge il suo acme e insieme si chiude. Resta del tutto aperta la crisi politica, etica e civile. La magistratura, invocata da anni, ha finalmente disvelato anche agli occhi di chi non aveva mai voluto vederlo un mostruoso sistema di potere, di connivenze e complicità, di corruzione, realizzato con la marea di denaro conferita dallo Stato al Consorzio Venezia Nuova. A leggere i verbali degli interrogatori, le memorie, le intercettazioni, la montagna di documenti e testimonianze che fondano l’indagine sul “sistema Mose” (che sarebbe meglio chiamare sistema “Consorzio Venezia Nuova”, anche se l’uno senza l’altro non sarebbero mai potuti esistere), si scorre una sorta di “romanzo criminale” dei nostri tempi, i cui protagonisti non sono borgatori o malavitosi del Brenta bensì più o meno forbiti professionisti, imprenditori, tecnici, finanzieri, politici. Criminalità organizzata, comunque: d’alto bordo, manipolatoria e seduttiva oltre che corruttrice e, alla bisogna, intimidatrice. Annidata nei luoghi del potere, della cultura, del culto, della ricerca, non meno che nelle segreterie politiche e nei vertici e quadri di associazioni di categoria, negli ordini professionali, nei “corpi intermedi”, insomma nella cosiddetta società civile, spregiudicata e disinibita come poche altre in Italia, questo speciale tipo di “criminalità organizzata” non ha mancato di ricorrere allo strumento dell’egemonia promuovendo riccamente in tutto il mondo il progetto Mose.

Le clamorose vicende attuali, per assurdo, lo confermano. Lo scandalo non sembra neanche lambire l’opera né le procedure seguite per realizzarla. Anzi, improvvidi politici anche di nuova generazione si prodigano a lodarla e a chiederne la rapida messa in funzione, salvandola dallo scandalo. Ma lo scandalo è proprio l’opera, il Mose stesso. Non sanno, i perduranti laudatori, che proprio sulla sua efficacia vi sono autorevolissimi dubbi (messi a tacere o ignorati grazie a quella potente e melliflua dezinformatsia), che l’impatto sull’ecosistema lagunare è già pesantissimo, che i costi di gestione saranno per sempre altissimi? Non si accorgono che, cambiati alcuni nomi, il sistema alla cui ombra è cresciuto quel mostruoso ancorché suadente potere è totalmente in piedi, (ad esempio, coincide con gli interessi e i poteri legati al business delle grandi navi, intesi a perpetuarlo con un nuovo devastante canale, opera da affidare al Consorzio Venezia Nuova, senza gara e sotto il controllo – sembra uno scherzo – di quel Magistrato alle Acque i cui ultimi due presidenti sono ora nelle patrie galere)? La presa del potere da parte del Consorzio Venezia Nuova, nei ministeri e apparati romani e nella politica locale e nazionale, è stata progressiva e pervasiva, parallela alla corruttela e al crimine ambientale che produceva.

Liberare Venezia, cosa che non può fare la magistratura ma solo una nuova coalizione civile e politica, significa ripulire e liberare buona parte d’Italia.

*assessore all’ambiente del comune di Venezia