La Russia è l’unico dei 15 paesi dell’Onu ad aver posto il veto per l’istituzione di un tribunale internazionale sulla vicenda del volo Mh17 della Malaysian Airlines, abbattuto nei cieli dell’est dell’Ucraina il 17 luglio dello scorso anno (a bordo c’erano 298 passeggeri).

Tre paesi si sono astenuti, Cina, Angola e Venezuela. La proposta era stata effettuata da Ucraina, Olanda, i cui connazionali costituivano la maggioranza dei passeggeri e l’Australia. Putin nelle settimane precedenti aveva definito «prematura» l’istituzione di un tribunale internazionale, adducendo come ragione la pressione di Kiev per addossare le responsabilità ai filorussi.

I ribelli, infatti, hanno sempre ritenuti responsabili i militari ucraini, mentre Kiev ha sempre sostenuto che i responsabili dell’abbattimento fossero i militari delle regioni orientali, supportati da tecnologia e uomini russi. Ad oggi non esiste una tesi fondata che attribuisca reali responsabilità: si tratta di uno dei tanti eventi della guerra in corso tra Kiev e le repubbliche dell’est del paese che ancora non hanno avuto una verità ufficiale.

Rammarico dell’Unione europea per la mancata adozione da parte dell’Onu: «Ci dispiace molto che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non abbia adottato, a causa del veto della Russia, la risoluzione sull’abbattimento del volo Mh17, che avrebbe istituito un meccanismo vincolante e credibile per perseguire i responsabili di questa terribile tragedia», ha spiegato una portavoce della Commissione europea. «Il lavoro deve continuare perché i responsabili diretti e indiretti siano puniti», ha aggiunto la portavoce, chiarendo i sospetti dell’Unione europea (ovvero che siano stati i ribelli, con il sostegno «indiretto» dei russi).

Nel frattempo ieri è stato aggiornato a data ancora da definire il processo della pilota militare ucraina Nadia Savchenko che ha preso il via ieri mattina nella località russa di Donetsk, a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina nella regione di Rostov, per consentire ai giudici, come ha riferito una portavoce del tribunale, di esaminare la richiesta della difesa di trasferire il procedimento a Mosca. La data della prossima udienza sarà comunicata solo dopo che sarà stata presa una decisione sulla richiesta dell’imputata. Savchenko, 34 anni, catturata lo scorso anno dai separatisti nell’est e da loro trasferita in Russia, è accusata della morte di due giornalisti russi uccisi nella regione di Luhansk nel giugno dello scorso anno.

Inoltre è accusata di essere entrata in Russia illegalmente. L’ucraina respinge le accuse per le quali rischia 25 anni di carcere. Come segnalato dalle agenzie, «ai diplomatici di Stati uniti, Gran Bretagna e diversi altri paesi che avevano chiesto di poter assistere all’udienza di ieri mattina è stato negato l’accesso in aula, così come ai giornalisti che hanno iniziato a seguire il processo».

I difensori di Savchenko hanno reso noto nei giorni scorsi di avere le prove che la loro assistita era già stata catturata dai separatisti quando i due giornalisti russi erano stati uccisi.

Nel frattempo sarebbero stati trasferiti dall’ospedale a un carcere di Kiev Ievgheni Ierofeiev e Aleksandr Aleksandrov, i due presunti militari russi catturati a maggio nel Donbass dalle truppe ucraine. I due erano stati fatti prigionieri dagli ucraini dopo essere rimasti feriti in uno scontro a fuoco vicino alla cittadina di Shastia, ed erano per questo ricoverati in ospedale. Mosca – accusata di sostenere militarmente i separatisti del sud-est ucraino – nega che Ierofeiev e Aleksandrov siano propri soldati in servizio e sostiene che entrambi siano stati congedati dalle forze armate russe prima di essere presi prigionieri.

Ieri inoltre il capo dei servizi segreti di Kiev, Vasili Gritsak, ha confermato la notizia pubblicata su alcuni media secondo cui le forze armate ucraine avrebbero fermato un maggiore dell’esercito russo – identificato come Vladimir Starkov, 37 anni – che viaggiava nel Donbass su un camion militare carico di munizioni con militare delle forze separatiste.