Non si sono certo fatte attendere le reazioni dell’amministrazione russa al bombardamento americano sulla Siria. In un briefing con la la stampa a poche ore dall’azione militare americana, il portavoce ufficiale di Putin, Dmitry Peskov, ha dichiarato che «La Russia considera gli attacchi degli Stati Uniti contro la Siria come un atto di aggressione contro uno Stato sovrano e una violazione del diritto internazionale», affermando che l’attacco contro una base aerea siriana «rappresenta un colpo alla causa della lotta contro il terrorismo».

Tuttavia Peskov è rimasto volutamente nel vago sulle ricadute che potrà avere l’azione di Trump: «Per quanto riguarda la situazione geopolitica, osserveremo da vicino come si svilupperà la situazione». Mosca vorrebbe tenersi le mani libere per capire se l’attacco risponde ad esigenze interne e propagandistiche della Casa Bianca o potrebbe essere volto, in prospettiva, al rovesciamento del regime di Assad che rappresenta allo stato dell’arte l’unico alleato certo per la Russia in Medio Oriente.

Il ministro degli esteri Sergey Lavrov, attualmente in missione in Uzbekistan, è stato ancora più netto. Ha affermato che quella della scorsa notte rappresenta «una aggressione con un pretesto del tutto inverosimile. E ciò rimanda alla situazione del 2003, quando gli Stati Uniti e il Regno Unito, insieme ad alcuni loro alleati, invasero l’Iraq senza il consenso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e in violazione del diritto internazionale».

Il richiamo «storico» di Lavrov, è alla presunta esistenza «armi di distruzione di massa» che giustificarono l’intervento contro Saddam Hussein e che si dimostrarono in seguito una gigantesca montatura volta a mettere le mani sull’Iraq da parte della coalizione guidata dagli Usa.

L’attacco alla Siria secondo il ministro degli esteri russo «è senza dubbio un tentativo di distrarre l’attenzione dalla situazione di Mosul dove l’azione della coalizione americana sta provocando centinaia di morti civili e un disastro umanitario». Lavrov ha concluso laconicamente che «la speranza è che queste provocazioni non comporteranno effetti irreversibili».

Quanto al premier russo Dmitry Medveved, commentando il blitz americano sulla sua pagina Facebook non ha nascosto la sua delusione riguardo a Trump e alle sue precedenti aperture verso la Russia: «La nebbia pre-elettorale si dissipa…Nessuno ha mai voluto esagerare il significato delle promesse pre-elettorali, ma ci sono dei limiti della decenza». Per Medvedev l’azione militare in Siria ha dimostrato la mancanza di indipendenza di Trump e anzi ha mostrato, all’opposto, la sua subordinazione nei confronti establishment di Washington. Secondo il premier russo le linee di faglia della politica estera americana in Medio Oriente, si sarebbero imposte per mezzo del potente apparato militar-burocratico, una vera e propria «mano invisibile» della politica estera Usa che si impone inevitabilmente su ogni presidente americano.

Le prime ricadute concrete del bombardamento non si sono comunque fatte attendere. La Russia ha deciso di sospendere il memorandum sottoscritto con gli americani volto a prevenire incidenti e assicurare la sicurezza dei voli nel corso delle operazioni in Siria. E in tarda serata ha interrotta anche la linea di comunicazione diretta con il Pentagono.

Il ministro della difesa russa, non senza malizia, subito dopo l’attacco ha segnalato che secondo le informazioni in proprio possesso solo 23 missili avrebbero raggiunto l’obbiettivo della base siriana mentre il punto di caduta degli altri 36 missili resterebbe ignoto». La puntualizzazione potrebbe rimandare alla scarsa precisione dell’attacco americano ma anche alla possibile volontà di colpire altri, non dichiarati, obbiettivi siriani.

I cittadini russi vivono questa situazione con poco apprensione. Ieri gli indici della Borsa di Mosca erano tutti negativi e il rublo ha subìto un forte indebolimento sia nei confronti del dollaro che dell’euro.

Mentre come pare il barometro delle relazioni tra Russia e Stati Uniti sembra volgere a tempesta, nostre fonti del ministero degli esteri russo sottolineano come la fragilità degli equilibri e delle alleanze internazionali debbano indurre a molta cautela. Al Cremlino si cercherebbe di capire quali saranno i prossimi passi della Casa Bianca nello scacchiere Mediorientale.
Dmitry Peskov, nel suo briefing, ha dichiarato che la Russia è stata comunque informata in anticipo da parte statunitense dell’attacco permettendo credibilmente all’esercito russo di mettere al sicuro i propri uomini e i propri mezzi.

Si tratterebbe di un dettaglio di non poco conto nel quadro delle relazioni tra due paesi che hanno una storia di «guerra fredda» lunga oltre mezzo secolo. Nel passato Unione Sovietica e Stati Uniti si sono scontrati in diversi scenari internazionali stando sempre attente, anche nei momenti di maggiore tensione, a non rompere quel filo di comunicazione per mezzo del quale poi trovare momenti di mediazione e di accordo, aldilà delle esigenze propagandistiche immediate. Oggi quel filo potrebbe spezzarsi.