La partita globale che si gioca in Medio Oriente dopo l’inconsulta azione di Trump contro l’Iran ha molti attori e Mosca lo sa. Ieri il Cremlino ha fatto un deciso passo verso Teheran.

«Le decisioni assunte da parte iraniana di sospendere i suoi obblighi volontari derivanti dal piano d’azione globale congiunta per la risoluzione del programma nucleare iraniano sono il risultato di molte contraddizioni accumulatesi», si legge in un comunicato del ministero degli esteri russo, in cui de facto si giustifica la decisione iraniana, in gran parte attesa, di sganciarsi dagli obblighi sul nucleare assunti nel 2015.

Mosca per ora ha deciso di far quadrato intorno all’Iran sottolineando che «il rifiuto di Teheran di restrizioni allo sviluppo delle sue capacità nel campo dell’arricchimento dell’uranio non costituisce una minaccia, se parliamo dal punto di vista della proliferazione delle armi nucleari».

La responsabilità di quanto sta avvenendo ricadrebbe tutta sulle spalle americane: «I massicci attacchi contro l’Iran e quegli Stati che continuano ad attuare gli accordi sigillati dalla risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza Onu» rappresentano per Mosca la causa profonda dell’attuale crisi di cui Washington sarebbe il primo responsabile.

«Tutto ciò – conclude il ministero russo – è ben noto a tutti i membri della comunità internazionale e nessuno sarà in grado di addossare le responsabilità sull’Iran».

Il richiamo alla comunità internazionale e l’appello «ai colleghi europei» perché abbiano un ruolo di primo piano nella contesa con la Casa bianca e nel mantenimento degli accordi sul nucleare con il governo degli ayatollah, dimostra però quanto il Cremlino non voglia spingersi troppo in là nel sostegno al regime teocratico, rischiando poi l’isolamento nel momento in cui il gioco dovesse farsi più duro.

«Li conosciamo gli europei: in privato strepitano contro gli Usa ma al momento decisivo si dileguano», ironizzava ieri un parlamentare nei corridoi della Duma.

Macron sembra aver dato qualche giorno fa delle rassicurazioni in questo senso a Putin, che però vuole sentire anche le intenzioni dell’altra campana europea, quella di Angela Merkel che già sabato atterrerà a Mosca per discutere gli sviluppi della situazione.

Al Cremlino sono convinti che si sia a un passo da una scissione silenziosa di quell’alleanza atlantica che Macron ha definito tempo fa «moribonda».

Del resto secondo Kostantin Kosacev, presidente del Consiglio della Federazione e braccio destro di Putin il mancato ritiro degli Usa dall’Iraq «è un segnale inequivocabile da parte di Washington a tutti i paesi dove gli americani hanno militari e basi. L’alleanza con gli Stati uniti sembra una collaborazione romantica nel nome dei valori di pace e democrazia, ma non appena il gioco non si svolge secondo le regole americane la vicenda assume una colorazione del tutto diversa: disprezzo per la sovranità degli alleati, multe e sanzioni contro i ribelli».