Il violento assedio di Mariupol è parso, specie negli ultimi giorni, come il tentativo da parte di Mosca di accaparrarsi una città chiave da un punto di vista strategico; si è auspicato altresì che una eventuale caduta di Mariupol (dove tra l’altro secondo le autorità ucraine potrebbero essere 300 le vittime a seguito del bombardamento del teatro della prossima settimana) potesse costituire un successo tale da rendere più chiare le intenzioni di Mosca: rivolgersi a Kiev o a est per «puntellare» il Donbass.

IERI LA RUSSIA ha risolto questo dubbio, evidenziando (all’interno di quello che pare un ridimensionamento di altre ipotesi) che la prima fase della sua «operazione militare» in Ucraina è per lo più completata e che ora si concentrerà sulla «liberazione» completa della regione del Donbass, nell’Ucraina orientale. Il ministero della Difesa russo ha affermato che i «separatisti» sostenuti dalla Russia ora controllano il 93% della regione ucraina di Lugansk e il 54% della regione di Donetsk: «Il potenziale di combattimento delle forze armate ucraine è stato considerevolmente ridotto, il che consente di concentrare i nostri sforzi principali sul raggiungimento dell’obiettivo principale, la liberazione del Donbass», ha spiegato Sergei Rudskoi, capo della direzione operativa principale dello stato maggiore russo.

Secondo Sky News, inoltre, i soldati avrebbero ricevuto indicazione della fine del conflitto previsto per il 9 maggio, anniversario della vittoria contro i nazisti nella seconda guerra mondiale. A questo proposito Michael Kofman esperto di Russia presso la Center for Naval Analyses, ha spiegato su Twitter che il Donbass potrebbe essere l’obiettivo minimo, diventato fondamentale a seguito della non esaltante invasione russa; inoltre Mariupol e il Donbass potrebbero diventare un ottimo obiettivo per confermare quello che era l’obiettivo di Mosca, ovvero «denazificare» il paese considerato che proprio a Mariupol era situato il grosso del battaglione neonazista Azov. Il 9 maggio tutto tornerebbe.

LO STESSO RUDSKOI – inoltre – ha rilasciato il numero dei soldati russi morti, secondo Mosca: «Ad oggi – ha detto, sono morti 1.351 soldati e 3.825 sono stati feriti» (secondo fonti Nato, citate dal Wall Street Journal, i soldati russi uccisi in Ucraina sarebbero molti di più, fra i 7.000 e i 15.000. Contando oltre alle vittime anche i feriti, i prigionieri e i dispersi, sempre secondo la stessa fonte, si arriverebbe a circa 40mila soldati russi).
E a proposito di vittime, il bilancio aggiornato registrato dall’Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite parla di un totale di almeno 1.081 civili uccisi e 1.707 feriti. Tra le oltre mille vittime vi sono almeno 165 donne, 48 bambini, 15 ragazze e 30 ragazzi. La Bbc ha inoltre dato conto delle denunce ucraine su persone scomparse o torturate. L’ha confermato al medio britannico l’Onu a proposito di almeno 36 casi di detenzioni di civili.

SECONDO LE DICHIARAZIONI alla Bbc di un portavoce dell’Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani le persone prese di mira «sono per lo più rappresentanti di comunità locali, giornalisti e persone» che si sono esposte con «posizioni filo-ucraine». Ieri è stato anche il primo giorno della visita di Biden in Polonia; il presidente americano – che ha confermato la sua definizione di Putin come «criminale di guerra» – ha incontrato i soldati Natopresenti sul territorio polacco, mangiando con loro una pizza e ha poi ringraziato la Polonia per lo sforzo umanitario (forse dimenticando altri atteggiamenti polacchi sul tema): «La sofferenza è alle vostre porte. Siete voi quelli che rischiate, in alcuni casi anche le vostre vite. Gli americani sono orgogliosi dei vostri sforzi, ha detto Biden a Rzeszów, città distante meno di 80 chilometri dal confine ucraino. Per quanto riguarda i colloqui di pace tra Russia e Ucraina starebbero proseguendo, ma secondo un membro della delegazione russa ci sarebbero stati pochi progressi sulle principali questioni politiche.