Dice il vecchio proverbio che le cattive notizie non arrivano mai da sole. E in queste ore di cattive notizie a Mosca ne sono arrivate molte.

Due giorni fa Mike Pompeo aveva posto un ultimatum di 60 giorni alla Russia per «interrompere le violazioni al trattato sugli accordi per i missili a corto e medio e raggio in Europa, passati i quali gli Usa vi usciranno unilateralmente». L’oggetto del contendere è noto. Secondo Washington, Mosca ha violato l’obbligo «di non produrre e testare un missile da crociera a terra con un raggio da 500 a 5,5mila chilometri» installando il missile modello 9M729 che per gli Usa sarebbe stato testato a distanze ben superiori ai 500 km.

L’ULTIMATUM è destinato a restare lettera morta, come ha confermato ieri Putin, non solo perché il missile, secondo i russi, sarebbe stato provato solo per percorrere una distanza di 480 km. ma soprattutto perché si pretenderebbe che Mosca restasse a braccia conserte mentre «da anni è stato avviato da parte statunitense un vastissimo programma di militarizzazione in Europa orientale».

L’obiettivo della Casa Bianca, afferma l’editorialista di Kommersant Elena Cernenko, non è solo quello di rigettare la responsabilità sull’uscita dal Trattato nel campo avverso ma di coinvolgere l’Europa nella disputa. Ieri «a Bruxelles, i ministri degli esteri dei paesi membri della Nato hanno discusso di questo argomento. E per la prima volta hanno adottato una dichiarazione congiunta che condanna le attività della Russia.

Ciò significa che ora, sulla questione dei missili la Russia dovrà trattare non solo gli Usa, ma anche con l’intera alleanza, mentre alcuni membri si erano finora astenuti dal partecipare alla disputa tra Mosca e Washington», scrive Cernenko.

IL TIMORE DEI RUSSI è quello di essere coinvolti in una nuova escalation in Europa. Forse per questo Marya Zacharova, portavoce di Sergey Lavrov, si è lasciata andare perfino a un inusuale, per una diplomatica, appello ai popoli europei: «Chi in Europa è contro il militarismo, contro le ingerenze e per il diritto sta dalla parte della Russia» ha dichiarato Zacharova durate un briefing.

IL GENERALE LEONID IVASHOV del ministero della Difesa russa giunge perfino ad affermare che il suo paese potrebbe puntare a questo punto sull’installazione di «missili a raggio intermedio la cui collocazione è da verificare se possa essere Cuba o un altro Paese latinoamericano». Ieri il presidente venezuelano Maduro era a Mosca dal capo del Cremlino a chiedere altri aiuti per la disastrata economia del suo paese, ma i due alleati hanno parlato anche di «situazione internazionale» e non può essere escluso che il tema di una più stretta collaborazione militare sia stato trattato.

Il coinvolgimento dell’Europa nello scontro con la Russia è diventato così in poche ore il cuore della strategia comunicativa americana. Sempre ieri il dipartimento di Stato ha emesso una nota in cui si minaccia la Russia di «conseguenze e dolori« se i marinai ucraini detenuti durante l’incidente nello stretto di Kerch non saranno rilasciati.

TRADOTTO, GLI USA si preparerebbero a una nuova ondata di sanzioni contro il Cremlino, un’arma che a molti sembra sia diventata solo propagandistica, visto che gli Usa non hanno ancora applicato quelle pesantissime promesse per il 23 novembre scorso.

Sanzioni a cui si è appellata anche la barcollante Theresa May, in un delle sue forse ultime apparizioni prima di abbandonare Downing Street. Pure qui Mosca ha ripetuto il suo niet, anche perché tra gli arrestati ci sono alcuni agenti dei servizi segreti ucraini dai quali forse si spera di ottenere informazioni sensibili.

GLI STATI UNITI sono tornati anche a chiedere l’abbandono da parte tedesca della pipeline russo-tedesca North Stream 2 trovando per la prima volta segnali di disponibilità proprio da parte tedesca, malgrado a Buenos Aires Merkel avesse rassicurato Putin di voler «andare fino in fondo».

In una intervista all’agenzia Ard, Annegret Krump-Karrenbauer, segretaria del partito di Merkel e sua possibile successore al cancellierato ha affermato di ritenere «troppo dura la posizione di abbandono del progetto», mentre si potrebbe pensare invece a una «riduzione della sua potenza di rifornimento».