Hanno scatenato un temporale le nubi nere generate dall’invasione russa dell’Ucraina che da alcuni giorni gravavano sul negoziato a Vienna per il rilancio del Piano d’azione globale congiunto (Jcpoa), l’accordo sul programma nucleare iraniano firmato nel 2015. Quando le indiscrezioni cominciavano a dare per molto vicina, ma non ancora raggiunta, un’intesa tra Teheran, gli Usa e gli altri paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (più la Germania), la Russia ha chiesto garanzie agli Stati uniti.  Le sanzioni che l’hanno colpita a causa della guerra in Ucraina, ha intimato ieri il ministro degli esteri Lavrov, non dovranno interferire con la sua cooperazione economica e tecnico-militare con l’Iran dopo il ripristino del Jcpoa. «Vogliamo una risposta molto chiara – ha detto Lavrov – abbiamo bisogno di garanzie che queste sanzioni non influiscano sul regime delle relazioni commerciali, economiche e di investimento previste dal Jcpoa sul programma nucleare iraniano». Il ministro degli esteri russo ha quindi aggiunto che è stato chiesto ai negoziatori americani «di dare delle garanzie scritte, almeno a livello del segretario di Stato, sul fatto che l’attuale processo avviato dagli Stati Uniti non violerà in alcun modo i nostri diritti di intrattenere un rapporto effettivo a livello commerciale, economico, di investimenti e di contatti tecnico-militari con l’Iran».

Quanto questa mossa russa, certo attesa, incontri il gradimento di Teheran è difficile accertarlo. È improbabile che gli iraniani non ne sapessero nulla, anzi, è possibile che ci sia stato un coordinamento tra i due paesi che, sia pure con alti e bassi, sono alleati. Lo indica indirettamente il tweet di ieri Mikhail Ulyanov, il rappresentante di Mosca ai negoziati a Vienna con il viceministro degli esteri iraniano Mehdi Safari. «I colloqui di #Vienna continuano. Oggi ho avuto un utile incontro con il viceministro degli esteri iraniano per la diplomazia economica, il signor Mehdi Safari». Da parte loro fonti ufficiali iraniane hanno smentito l’agenzia Reuters che aveva riferito di malumore in Iran per il passo fatto da Mosca.

Teheran è ormai decisa, dopo un intenso dibattito (scontro) interno, ad andare al rilancio dell’accordo (affossato nel 2018 da Donald Trump) per ottenere la revoca delle sanzioni Usa. Allo stesso tempo può aspettare, ancora un po’. Il non accordo spaventa di più l’Amministrazione Biden intenzionata con il rilancio del Jcpoa ad impedire che l’Iran giunga fino alla soglia nucleare, ciò alla possibilità tecnica di poter assemblare un ordigno atomico. La Repubblica islamica lo sa e nelle scorse settimane, pur ribadendo di voler impiegare l’energia atomica esclusivamente a scopo civile, ha comunicato di aver arricchito uranio fino al 60% (il 90% è la linea rossa). E ora lascia che Mosca giochi le sue carte e metta sotto pressione gli Stati uniti.

Il negoziato allo stesso tempo procede. Mohammad Eslami, capo dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran, ieri ha annunciato che tra l’Iran e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) si è stabilito un rapporto «pragmatico» e che le due parti hanno concordato una road map per risolvere le questioni in sospeso. «Speriamo che la nostra collaborazione non sia politica», ha detto Eslami, in una conferenza stampa congiunta a Teheran con il segretario generale dell’Aiea, Rafael Grossi che venerdì aveva avuto un colloquio con il premier israeliano Bennett, molto critico verso il nuovo Jcpoa (Israele comunque è l’unico paese mediorientale a possedere, in segreto, armi atomiche secondo gli esperti internazionali). Eslami ha aggiunto che i nodi vanno sciolti in modo «naturale», senza cioè impedire lo sviluppo economico e tecnologico dell’Iran. «Una delle linee rosse per noi – ha spiegato – è la fine delle accuse sulla natura delle attività nucleari dell’Iran. Altrimenti contrasteremo le false accuse usando i nostri strumenti e le nostre opzioni». Da parte sua Grossi ha avvertito che «è un errore pensare che l’accordo internazionale sul nucleare venga ripristinato senza un’intesa fra l’Iran e l’Aiea e le garanzie sulla natura delle attività nucleari iraniane, perché i colloqui dell’agenzia con Teheran sono paralleli e collegati ai colloqui di Vienna».