Solo un anno fa, novembre 2014, il presidente russo Vladimir Putin abbandonava il G20 di Brisbane, in Australia, a seguito delle polemiche scaturite dalla crisi ucraina. Chi non lo evitava pubblicamente, lo redarguiva in tono minaccioso.

Putin era descritto alla stregua di un bulletto, capace di «invadere» l’Ucraina facendo il bello e il cattivo tempo nella sua area geografica di pertinenza. Tutti – inoltre – confermavano le sanzioni contro Mosca, anzi ne venivano richieste di altre, di più forti, di più traumatiche. Tutti erano concordi sul fatto che alla Russia fosse necessaria una lezione internazionale: isolamento, boicottaggio e punizione.

Il tutto per ottenere l’Ucraina, nuovo territorio nel mondo occidentale, perfino andando contro gli interessi di molti paesi uniti nel fronte anti Putin, Italia compresa e non a caso accusata a vario titolo nel consesso internazionale di essere eccessivamente cauta nei confronti di chi, in occasione dell’omicidio dell’oppositore Nemtsov, venne definito da molti media come «il nuovo Hitler».

E che di nuovi Hitler ne nascano un tanto al chilo di questi tempi, l’ha dimostrato proprio Putin, che ieri ha chiamato alla coalizione armata contro l’Isis, come si fece proprio «contro Hitler».

Questa affermazione ci concede di comprendere quante cose sono cambiate in un anno. I recenti attacchi parigini hanno ancora di più sottolineato una cosa: anche se a malincuore, con un Obama distratto, l’Europa ha bisogna di Putin. E l’uomo di Mosca è sufficientemente scaltro e muscolare da apparire come un gigante (da un punto di vista strategico e di calcolo politico) rispetto a un’Europa divisa, incerta e come al solito in balia degli eventi, sempre necessariamente alla ricerca di qualcuno sotto cui rifugiare i propri istinti più biechi.

La Francia, grande protagonista guerrafondaia di questi ultimi tempi (Siria, Mali, Libia, tanto per citare alcuni esempi) ha chiamato all’alleanza europea. E Putin ha risposto subito presente. Mosca rafforza il proprio potenziale offensivo, si coordina «da alleato» con i francesi in Siria – una cosa inimmaginabile solo qualche mese fa, a conferma della volubilità delle alleanze del mondo multipolare e della inesattezza di chi ancora ragiona con schemi ormai antiquati, e puntella la propria posizione in ambito internazionale. Putin era un reietto oggi è l’ago della bilancia, l’unico che può sostenere la guida di una coalizione anti Isis ben consapevole che qualsiasi sarà il futuro di Assad, sulla Siria la Russia dovrà avere l’ultima parola.

Ed è scontato che i suoi nuovi «alleati» lo sappiano. Non è un caso dunque che l’aumento del potenziale offensivo russo contro l’Isis arrivi nel giorno della richiesta francese e nel giorno in cui Mosca ufficializza che l’aereo abbattuto nel Sinai (un Airbus 321, 224 morti, quasi tutti turisti russi di ritorno da Sharm) è caduto a seguito di un attentato terroristico.

I servizi segreti russi confermerebbero questa ipotesi, già alimentata da una rivendicazione dell’Isis e da varie indiscrezioni. Aleksandr Bornikov, il capo dei servizi segreti (Fsb), aveva comunicato a Putin i risultati delle indagini: «sui resti dell’aereo sono state trovate tracce di esplosivo prodotto all’estero, è stata una bomba artigianale equivalente ad un chilo di tritolo esplosa in volo, e questo spiega perché i frammenti della fusoliera sono stati ritrovati in un’area così vasta».

Una conclusione che provoca due reazioni: in primo luogo quella stizzita egiziana, che vede quindi confermata la mancata sicurezza del proprio territorio. In secondo luogo la notizia mette Putin sullo stesso piano di Hollande: colpito dal terrorismo e desideroso di vendetta. Ed ecco la risposta militare: Russia e Francia hanno concordato la cooperazione navale e il coordinamento tra le intelligence in attesa dell’incontro tra i due presidente il 26 novembre al Cremlino.

Il rafforzamento dell’offensiva militare (benché Mosca abbia specificato che non ci saranno truppe di terra, ad ora) prevede per la prima volta i cacciabombardieri strategici e la promessa di dare la caccia ai responsabili degli attentati, anche con una taglia da 50 milioni di dollari e un appello alla comunità internazionale.

«Li cercheremo dappertutto, ovunque si nascondano. Li troveremo in qualsiasi angolo del pianeta e li puniremo», ha spiegato Putin, dopo aver ordinato di aumentare l’intensità dei raid: «non solo devono continuare ma devono essere intensificati in modo che i criminali capiscano che la punizione è inevitabile».