Il movimento moscovita per «elezioni libere» ha ormai rotto gli argini ed è diventato un fattore politico di prima grandezza. Non solo nazionale se ieri la portavoce del ministero degli esteri, Marya Zacharova, si è spinta ad affermare «di voler coordinare gli sforzi con il governo cinese» per arginare le manifestazioni di Mosca e Hong Kong.

Un’idea bizzarra ma che dà l’idea di quanto oggi il potere politico in Russia sia disorientato di fronte alle proteste.

Sempre ieri il Roskomnadzor, il Servizio federale per la supervisione della connessione e comunicazione di massa, ha inviato una lettera a Google chiedendo «di adottare misure per impedire la pubblicità di eventi di massa illegali su hosting di proprietà dell’azienda YouTube».

Il Roskomnadzor ha anche aggiunto che «la mancata adozione di tali misure sarà considerata come un’interferenza negli affari sovrani della Federazione». Google Russia si è rifiutata di commentare la missiva che ha provocato però ironia e irrisione sulla rete.

Perché il «problema web» per gli organi dello Stato è ben più complesso. Qualche giorno fa le immagini di una ragazzina che veniva selvaggiamente picchiata dalla polizia è diventata virale dopo che era stata pubblicata sulla pagina Facebook di Egor Krid, un rapper di Penza con un seguito di undici milioni di followers, amatissimo dai giovanissimi.

Questi ultimi sono la spina dorsale delle proteste. Secondo un sondaggio pubblicato dal portale The Bell, il 50% chi scende in piazza in questi giorni ha meno di 33 anni, il 78% è disposto a manifestare anche senza autorizzazione, il 20% è alla prima esperienza di partecipazione.

«È sempre avvenuto così: anche nelle manifestazioni in Grecia che condussero al crollo del regime dei colonnelli nel 1974 la maggioranza erano studenti», ci dice il sociologo Boris Kagarlitsky, che parteciperà alla corsa per un seggio al comune di Mosca come candidato indipendente di Russia Giusta, il partito socialdemocratico russo.

«Dietro di loro però ci sono i loro genitori forse più politicizzati: temono di partecipare direttamente e hanno meno tempo libero nei fine settimana, ma ci saranno l’8 settembre quando si tratterà di mettere nell’urna una scheda contro Putin», sostiene Kagarlitsky. Un voto che si prospetta di grande impatto politico visto che si voterà anche a San Pietroburgo, dove il candidato di Russia Unita di Putin rischia grosso, e in altre 18 regioni.

Intanto Ilya Yashin, uno dei 57 candidati non ammessi alle elezioni, ha chiesto ufficialmente alla presidentessa della Commissione elettorale Ella Panfilova di rimandare le elezioni moscovite a fine autunno per permettere «la libera partecipazione degli cittadini al voto». Una richiesta destinata a finire probabilmente nel cestino dato che la campagna elettorale è già ufficialmente iniziata.

Mentre molti gruppi di sinistra e socialisti partecipano in prima fila alle proteste, il partito comunista – pur riconoscendo il diritto agli esclusi di presentarsi – si è tenuto lontano dalle piazze sostenendo che «sono i liberali e i filo-occidentali a dare il tono alle manifestazioni» e ha annunciato una propria manifestazione per sabato prossimo che si aggiungerà a quella già decisa (ma non autorizzata) dei movimento di queste settimane.

«Una posizione paradossale quella dei comunisti – afferma ancora Kagarlistky – L’elemento comune e di fondo che permea tutte le mobilitazioni di questi mesi è l’insoddisfazione materiale e sociale che attraversa vari strati della popolazione: non partecipare vuole dire mettersi ai margini e astenersi dalla battaglia per l’egemonia».