Quello di ieri non deve essere stato un buon risveglio per Vladimir Putin. Nella conferenza stampa di fine d’anno di giovedì si era tenuto fuori dalla contesa tra Trump e i democratici e aveva dato ordine a Alexey Miller, presidente di Gazprom, di chiudere la partita sul gas con gli ucraini in modo da rallentare la loro pressione sulla Ue a proposito del gasdotto russo-tedesco North Stream 2. Ma non è servito a nulla. A sorpresa il presidente Usa ha inserito nel bilancio della difesa per il prossimo anno una clausola sanzionatoria per le aziende che partecipano al progetto North Stream.

LE SANZIONI interesseranno le società coinvolte nella costruzione di North Steram nonché quello russo-turco Turkish stream, nonché i top manager di queste società. In teoria la misura per quanto riguarda la pipeline turca dovrebbe avere modesti effetti pratici visto che è già operativa, ma la ricaduta nei rapporti Erdogan-Trump potrebbe essere disastrosa. Il presidente turco in settimana aveva già tuonato che in caso di sanzioni contro Turkish stream avrebbe assunto «misure analoghe contro gli Usa» e si era spinto fino al punto di minacciare di «essere pronto a chiudere le basi americane per sempre».

Ma anche qui la contesa non è solo politica: le sanzioni decise dalla Casa Bianca sarebbero volte a impedire il prolungamento del gasdotto fino ad Atene con il coinvolgimento anche di Bulgaria e Serbia nel progetto. Per quanto riguarda invece North Stream 2, il gasdotto che porterebbe “oro blu” dalla Russia alla Germania attraverso il mar Baltico le conseguenze sono immediate e rischiano di bloccare sine die la conclusione dei lavori.

Secondo quanto scrive Interfax già «3 ore prima della notizia della firma di Trump del bilancio della difesa, l’azienda svizzera addetta alla posa dei tubi di North Stream 2, la Allseas, ha annunciato che stava per sospendere la costruzione del gasdotto a causa dell’adozione negli Stati Uniti sanzioni contro i costruttori del progetto».

LA ALLSEAS era in procinto di tagliare il traguardo nella posa dei tubi. Kommersant sostiene che «North Stream 2 è già stato costruito per circa il 92% e avrebbe dovuto essere già concluso. Il problema si è verificato a causa delle autorità danesi, che solo questo autunno avevano permesso la costruzione della pipeline nelle loro acque». Il governo tedesco sta prendendo tempo per valutare la situazione, essendo al suo interno diviso. Rompere con gli Usa su questo terreno non è facile e alcuni settori della Cdu stanno puntando a ritirarsi da una partita di poker in cui la posta sta diventando assai alta. Ma a questo punto della mano, anche i russi vogliono vedere come si comporteranno gli europei. Nel comunicato fatto circolare dal ministero degli esteri si afferma con una nota di sarcasmo: «Sarà comunque curioso vedere quanto i vari paesi europei siano sovrani, e chi tra essi, ad esempio, la Germania, si piegheranno a Washington per finanziare docilmente l’industria energetica americana, dimenticando i propri interessi economici». Per i russi si tratta di un’evidente azione di concorrenza scorretta per imporre in Europa il gas Usa che essendo trasportato via nave è assai più costoso di quello russo. Del resto non lo nega lo stesso Trump nel documento politico che accompagna la firma del bilancio. «Vorrei ringraziare il Congresso per aver adottato il bilancio entro la fine dell’anno. Come ho già detto molte volte, le discussioni protratte danneggiano la nostra capacità di attenzione e di competizione con Cina e Russia» sottolinea Trump.

L’INQUILINO della Casa bianca insiste sui timori Usa riguardo le attività della Federazione Russa in Africa, sull’attività russa e cinese nella regione artica, nonché sulla «minaccia di aggressione militare da parte di Mosca contro i paesi membri della Nato». Ma l’entrata a gamba tesa americana nel mercato energetico europeo preoccupa non poco il Cremlino visto che l’economia russa continua a dipendere dall’esportazione di materie prime. «Tra poco non ci sarà data la possibilità neppure di respirare» si è lasciata sfuggire infastidita Marya Zacharova, portavoce del ministro degli esteri Sergey Lavrov, appena saputo della decisione di Trump.