La strada per Slovjansk è un cantiere a cielo aperto. Mezzi da lavoro, operai con pale e motoseghe, sminatori ed escavatrici che preparano le fortificazioni ai bordi della carreggiata. L’impressione è che gli ucraini vogliano sbrigarsi, ieri è stato l’ultimo giorno di voto per gli pseudo-referendum di annessione alla Russia e quando Putin annuncerà l’annessione di Lugansk e Donetsk la situazione potrebbe cambiare molto velocemente.

ANCHE PERCHÉ l’ex-presidente russo e ora vice-capo del Consiglio di sicurezza nazionale, Dmitry Medvedev, ha ripetuto ancora una volta che il suo Paese non scherza. «Immaginiamo che la Russia sia costretta a usare l’arma più potente contro il regime ucraino che ha commesso un atto di aggressione su larga scala, pericoloso per l’esistenza stessa del nostro Stato», ha scritto Medvedev sul suo canale Twitter. «Credo che in questo caso la Nato si terrà alla larga da un’ingerenza diretta nel conflitto». Un esempio della «post-verità» e di come su internet la sparizione del dato di realtà potesse permettere qualsiasi affermazione, anche in aperto contrasto con i dati empirici. Dopo la Terra piatta, le scie chimiche e i chip nei vaccini siamo arrivati anche all’Ucraina colpevole di un’aggressione su larga scala ai danni della Russia. Niente di sconvolgente, si potrebbe obiettare, dato che per il Cremlino non c’è alcuna guerra in atto dal 24 febbraio. Tuttavia, la posta in gioco si è alzata nell’ultima settimana. Le dichiarazioni degli uomini più vicini al presidente Putin vanno tutte nella stessa direzione e risuonano come un monito per la Nato e gli Stati uniti. 

DMITRY PESKOV, il portavoce del presidente russo, ad esempio, ha sottolineato che «la situazione cambierà radicalmente dal punto di vista legale, dal punto di vista del diritto internazionale, con tutte le relative conseguenze per la protezione di quelle aree e la garanzia della loro sicurezza». Insomma, la consegna del capo sembra chiara: iniziare fin da subito a biasimare l’Ucraina per ciò che ovviamente accadrà. Le ostilità non cesseranno, gli attacchi da entrambe le parti neanche, men che mai la volontà ucraina di riconquistare i territori perduti. Dobbiamo quindi entrare nell’ottica che la risposta russa sarà più violenta? Stando a quanto ripetono i politici russi sembra di sì.
Dal canto loro, gli Usa hanno prontamente derubricato i discorsi sul nucleare del Cremlino a una strategia per spaventare gli alleati di Kiev. Domenica è intervenuto davanti alle telecamere della Nbc Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale di Washington, affermando che «la Russia pagherebbe un prezzo elevato» se dovesse dar seguito alle minacce di usare armi nucleari nella guerra in Ucraina.

QUANTO DI TUTTO CIÒ sia un test reciproco, per vagliare fino a dove intende spingersi l’avversario, e quanto un modo per mostrare la propria forza al di là dei risultati sul campo non ci è dato saperlo. Sappiamo, però, che la controffensiva ucraina nell’est è stata tutt’altro che un bluff. Oltre il tratto di autostrada crollato all’altezza di Korobochkyne che costringe a una lunga deviazione tra stradoni dissestati di campagna, la direttrice che collega Kharkiv a Slovjansk è davvero di nuovo sotto il controllo stabile delle forze di Kiev. Anche uscendo da Izyum ora si riesce a passare abbastanza agilmente tramite pontoni di ferro sospesi sul fiume e larghe curve di terra battuta. Di civili ancora non se ne vedono ma è comprensibile, ovunque ci sono cartelli rossi con il teschio bianco che ricordano la presenza di mine.

LE DEVIAZIONI che una volta portavano ai villaggi sono abbandonate e sulla terra bagnata già cresce l’erba. Chi vorrebbe, del resto, fare da cavia? Bisogna attendere, piccole squadre di due setacciano metro per metro i campi, a volte con i cani, a volte solo con i metal detector. È un’operazione lenta e macchinosa e c’è sempre il rischio che qualche ordigno sfugga ai controlli. Sull’asfalto però si procede abbastanza spediti accompagnati dal ronzio costante delle ruote sul manto stradale rovinato dai cingoli dei carri armati. Per molti versi il rumore ricorda quello dei droni in avvicinamento solo che nell’abitacolo della macchina copre tutto il resto e quindi, nelle aree più sensibili, si viaggia con i finestrini aperti nonostante il vento. Il rischio che l’artiglieria prenda di mira una colonna di mezzi militari in transito è sempre alto. Anche se probabilmente i russi hanno altro di cui preoccuparsi al momento. Lyman, ad esempio. Gli ucraini non nascondono le mire di riconquista sulla cittadina del Donetsk e ieri mattina il presidente Zelensky ha ribadito che la riconquista di quel territorio «al momento è la priorità».

SECONDO ALCUNE FONTI vicine al Cremlino, il 30 settembre Putin dovrebbe pronunciare un nuovo discorso alla nazione per annunciare l’annessione dei territori dove si sono svolte le consultazioni: : secondo Mosca i voti in favore sarebbero il 93,11% a Zaporizhzhia e il 87,05% a Kherson (in Lugansk e Donetsk è ancora in corso lo scrutinio). Alcuni azzardano che questi potrebbero essere riuniti in un nuovo distretto federale chiamato «distretto di Crimea». Contemporaneamente il presidente russo potrebbe annunciare il divieto per gli uomini tra i 18 e i 55 anni di lasciare il Paese. Il primo passo della legge marziale. Intanto nell’est continua a piovere, le strade sono piene di pozze d’acqua e non è raro incontrare mezzi militari ucraini intenti a trainare altri mezzi impantanati. Non hanno fretta e generalmente i soldati ne approfittano per fare quattro chiacchiere e fumare una sigaretta. L’impressione è che si rendano chiaramente conto che la fine è ancora molto lontana.