Analisti israeliani e palestinesi leggono in modo opposto il significato del comunicato diffuso ieri dal ministero degli esteri russo nel quale Mosca «riafferma» l’impegno verso i principi delle Nazioni Unite per la soluzione della questione israelo-palestinese, che «comprende lo status di Gerusalemme Est come capitale del futuro stato palestinese« ». «In questo contesto – aggiunge il comunicato del ministero degli esteri russo – consideriamo Gerusalemme Ovest come la capitale dello Stato di Israele». Mosca inoltre ribadisce la soluzione dei due Stati «come opzione ottimale che soddisfi gli interessi nazionali dei popoli palestinese e israeliano, con entrambi i quali abbiamo relazioni amichevoli, e gli interessi di tutti gli altri paesi della regione e della comunità internazionale un’intera».

«Lo considero uno sviluppo positivo poiché sino ad oggi non c’era stato riconoscimento internazionale delle rivendicazioni (israeliane) su Gerusalemme, nemmeno sulla zona ovest, quella ebraica» diceva ieri sera al manifesto Eytan Gilboa, esperto del Centro Besa per gli Studi Strategici dell’università di Tel Aviv, «non credo che questo annuncio soddisfi i dirigenti politici di Israele, allo stesso tempo è l’inizio di qualcosa, è un passo verso una discussione più ampia». E infatti il ministero degli esteri israeliano ha accolto tiepidamente il passo russo. Il portavoce Emmanuel Nahshon si è limitato ad affermare laconicamente: «stiamo studiando il testo del comunicato». Si è comunque appreso, da fonti israeliane, che lo status di Gerusalemme non è stato discusso durante la conversazione telefonica che hanno avuto ieri il premier Netanyahu e il presidente russo Putin, dedicata solo alla Siria. Mosca ha riproverato Tel Aviv per aver accusato Damasco di aver fatto uso di armi chimiche «sulla base di notizie senza fondamento».
Nessun commento, almeno fino ieri sera, era giunto dalla leadership dell’Anp a Ramallah e neppure dal movimento islamico Hamas da Gaza. L’analista palestinese Ghassan al Khatib, docente di scienze politiche all’università di Bir Zeit, interpreta il passo russo in modo negativo. «Se da un lato Mosca ribadisce il suo sostegno ai diritti palestinesi sulla zona Est, la zona araba di Gerusalemme» spiega al Khatib «dall’altro rompe il consenso internazionale riguardo sullo status di Gerusalemme, ossia che tutta la città è occupata, anche la zona Ovest, e che il suo futuro va perciò definito sulla base di un accordo globale e non sulla base di azioni unilaterali come quelle che ha compiuto Israele». È molto probabile che il presidente dell’Anp Abu Mazen e il suo entourage abbiano fatto le stesse considerazioni di al Khatib.

Lo status giuridico di Gerusalemme è oggetto di controversie che nascono dal 1947-48 e che si sono moltiplicate nel 1967 quando Israele ha occupato militarmente la zona palestinese della città, dichiarandola già pochi giorni dopo la Guerra dei Sei Giorni, per bocca del ministro della difesa Moshe Dayan, parte della capitale “indivisibile” dello Stato ebraico. Secondo il piano di spartizione della Palestina approvato dalle Nazioni Unite nel 1947, tutta Gerusalemme e i suoi luoghi santi devono avere una amministrazione internazionale. Sebbene al termine della prima guerra arabo–israeliana del 1948 Israele avesse ormai il controllo della zona ebraica della città, la comunità internazionale ha continuato a rispettare quella risoluzione. E quando lo Stato di Israele ha proclamato l’intera Gerusalemme sua capitale «sacra e indivisibile», tutti i Paesi, inclusi gli Stati Uniti, hanno spostato le loro ambasciate dalla Città Santa a Tel Aviv per sottolineare il rifiuto delle mosse unilaterali compiute da Israele. Negli ultimi trent’anni, nella prospettiva di «Due popoli Due stati», è stata appoggiata la soluzione che vedrebbe la zona Est come capitale del futuro Stato di Palestina e quella Ovest come capitale di Israele, con la Città Vecchia e i suoi luoghi santi sotto una gestione internazionale o affidata alle tre religioni monoteistiche.

Non è ancora chiaro cosa rappresenti la dichiarazione fatta da Mosca. Si tratta di un riconoscimento della sovranità di Israele su Gerusalemme Ovest, in modo da affermare con forza quella palestinese sulla parte Est? Più probabilmente la Russia ha voluto frenare gli impulsi di Donald Trump che si dice intenzionato a trasferire l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, in modo da riconoscere come capitale di Israele tutta la Città Santa, inclusa la sua zona araba.