Per comprendere le complesse relazioni diplomatiche tra Russia e Turchia è necessario alzare lo sguardo dalla Siria e gettare un occhio sulla fitta rete di relazioni economiche che i due Stati hanno sviluppato negli ultimi anni.

Ieri la società che cura il progetto di Turkish Stream – la South Stream Transport V.B. – ha annunciato che «il primo dei due filoni della sezione offshore del gasdotto Turkish Stream ha iniziato a essere riempito di gas durante la messa in servizio».

L’azienda ha anche informato che la pressione necessaria per riempire il sistema è stata creata dalla stazione di compressione Russkaya vicino ad Anapa. Da ieri dunque Mosca ha iniziato a fornire gas ad Ankara anche se l’inaugurazione vera e propria avverrà solo tra qualche settimana alla presenza dei due capi di Stato.

PER COMPRENDERE la dimensione dell’affare varrà la pena ricordare che le pipeline previste sono in realtà due: la prima, quella entrata in funzione ieri, rifornirà il mercato turca, mentre la seconda raggiungerà i Balcani e la Serbia attraverso la Bulgaria.

La capacità di ogni pipeline è di 15,75 miliardi di metri cubi di gas all’anno. La seconda tranche sarà il frutto di una joint-venture tra Gazprom e Botas, l’operatore della rete turca di trasporto del gas. In questo modo la Mezza Luna ha superato sul rush finale la Germania ancora alle prese con i veti ucraini e polacchi per il completamento di North Stream. Nelle trattative sulla Siria tra Erdogan e Putin sulla Siria (in programma a Mosca il prossimo 22 ottobre) non potranno tenere conto di questo aspetto come del resto del crescente interscambio commerciale tra i due paesi fatto di milioni di russi che ogni anno si abbronzano sulle spiagge di Antalya e fanno incetta delle primizie agricole turche nei supermercati di Mosca, rendendo ancora più guardinga la diplomazia del Cremlino.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI Sergey Lavrov in partenza per una missione che toccherà molte capitali mediorientali, ha voluto ribadire la posizione russa sulla guerra scatenata dai turchi in Siria. Lavrov ha smentito la dichiarazione del ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu, secondo cui la Russia avrebbe promesso di garantire il ritiro delle forze curde dai confini con la Turchia e anche l’esistenza di un progetto del dispiegamento di una forza d’interposizione russa tra zone controllate dai turchi e quelle curde.

«Crediamo che il problema curdo nel quadro dell’integrità territoriale e della sovranità della Siria sia da risolvere attraverso il dialogo tra i leader curdi e le autorità legittime di Damasco. Sottolineo ancora una volta che ciò dovrebbe condurre a un completo ripristino della sovranità e dell’integrità territoriale della Siria, all’interno della quale vivranno curdi e altri gruppi etno-confessionali» ha sottolineato il ministro.

MA SULLA LEGITTIMITÀ dell’aggressione turca è stato ancora più prudente: «Riteniamo che la Turchia abbia legittime preoccupazioni per la sicurezza dei suoi confini di fronte alle minacce terroristiche ed estremiste che ora persistono in Siria. Allo stesso tempo siamo convinti che è possibile e necessario risolvere il problema attraverso il dialogo» ha chiosato Lavrov dando un colpo alla botte di Ankara dopo aver dato un colpo al cerchio curdo-siriano.

Infine Lavrov si è detto preoccupato che il conflitto di questi giorni possa rianimare l’Isis «lo Stato islamico sta purtroppo crescendo in Afghanistan, Indonesia, Malesia e altri paesi del sud-est asiatico, non vorrei che tornasse in auge anche in Siria» ha concluso il diplomatico.