Il treno con tutti i corpi delle vittime del Boeing malese, abbattuto tra Russia e Ucraina la scorsa settimana, sarebbe partito nella serata di ieri da Torez, verso una destinazione ignota (probabilmente Kharkiv, nel nordest del Paese, a circa 300 km dal luogo del ritrovamento). A questo elemento va aggiunto quanto denunciato da Mosca: un jet ucraino sarebbe stato vicino, troppo vicino secondo la Russia, all’aereo commerciale malese abbattuto da un missile, durante il suo volo sopra i cieli dell’Ucraina orientale. Kartopolov, il ministro della difesa russa, ha specificato che la presenza «sospetta» del jet potrebbe essere confermata dalle immagini video del centro di monitoraggio di Rostov. Secondo il ministero della Difesa russo, inoltre, al momento della tragedia, un satellite americano sorvolava l’area dell’Ucraina orientale. Anche per questo, Mosca ha chiesto a Washington di rendere pubblici dati e immagini in suo possesso. Al momento la Casa Bianca non ha replicato.

Dopo la spavalderia e la sicurezza con cui Kiev e Washington, via Poroshenko e Obama, avevano accusato i filorussi di essere i responsabili dell’abbattimento del velivolo, tutto torna in gioco. Mosca ha anche chiesto a Kiev di mostrare le immagini che dimostrerebbero la disponibilità del Buk, la piattaforma lanciamissili, da parte dei separatisti. Il Cremlino è stato chiaro: non sono loro ad aver armato con quella tecnologia i ribelli. Passano i giorni e i dubbi anziché diminuire, aumentano, mettendo in grave imbarazzo tanto Poroshenko, quanto Obama che fin da subito si erano detti certi della responsabilità «criminale» dei «terroristi», coadiuvati da Mosca. Oggi gli elementi poco chiari e che tutto sommato potrebbero anche ribaltare le responsabilità supposte, sono tanti. In mezzo alle accuse contro i separatisti, infatti, Kiev non ha ancora chiarito né la questione del suo jet denunciata da Mosca, né il posizionamento delle sue piattaforme lancia missili. Un generale russo, citato dalla non certo imparziale – al pari delle controparti ucraine e statunitensi – Russia Today – avrebbe anche mostrato le foto delle disposizioni militari dei filorussi, nella zona all’interno della quale sarebbe precipitato il Boeing malese (con a bordo 298 persone, tutte morte). Nelle immagini, non c’è traccia del Buk, non proprio un oggetto facile da mimetizzare. Tutto all’aria, come l’indagine internazionale su cui ancora non c’è alcuna certezza.

E nelle zone di guerra, i combattimenti continuano, nonostante il presidente ucraino Poroshenko continui a parlare di de-escalation, utilizzando anche l’arma morale del disastro appena accaduto. In realtà l’esercito ucraino non si ferma, così come non si placano le contro offensive dei ribelli, tesi a mantenere le posizioni, comprese quelle più vicino al luogo dell’incidente; nella giornata di ieri sono proseguite le accuse nei confronti dei miliziani ribelli che limiterebbero il lavoro degli osservatori internazionali. Ipotesi lanciata dai media occidentali, italiani compresi, e smentita dagli stessi osservatori. Uno dei portavoce dell’Osce, Michael Bociurkiw, ha infatti spiegato che i combattimenti di questi giorni fra governo di Kiev e miliziani filorussi hanno danneggiato le linee ferroviarie, ritardando l’arrivo degli esperti. Bociurkiw, dal posto dell’incidente, avrebbe confermato telefonicamente alle agenzie di stampa internazionali, che tre esperti forensi olandesi e un team dell’aviazione ucraina sono arrivati sul sito del disastro in cerca di altri corpi delle 298 vittime. «Hanno avuto un accesso praticamente libero», ha detto, dopo le difficoltà di movimento segnalate nei giorni scorsi.

Infine, ieri l’Ucraina ha chiesto una riunione straordinaria del consiglio europeo per la prossima settimana per studiare le prove sull’abbattimento del volo Mh17 della Malaysia Airlines e condannare i gruppi di ribelli, riconoscendoli come organizzazioni terroristiche «perché hanno commesso molti crimini». È chiaro lo scopo di Kiev: verificare la responsabilità dei ribelli e chiudere il conto, sia militarmente, sia a livello internazionale. L’intenzione del governo di Majdan, responsabile della strage di Odessa e di uccisioni di giornalisti stranieri, ad oggi impuniti e senza alcuna indagine reale su quanto accaduto, è stata espressa in conferenza stampa a Roma dall’ambasciatore ucraino Perelygin. «Ci aspettiamo una posizione dell’Europa più forte perché questa tragedia ha aperto gli occhi a tutti». Ritornando alle operazioni nel sito dove è caduto l’aereo l’ambasciatore ha detto che il presidente Poroshenko ha dato istruzione di sospendere tutti i combattimenti e le operazioni militari in un’area di 40 km intorno al sito per facilitare l’accesso degli esperti. Indicazione smentita, come spesso è accaduto in Ucraina, dai fatti.