I Giovedì il premier russo Dmitry Medvedev ha annunciato l’introduzione del blocco delle esportazioni di tutti i prodotti (gas, petrolio e carbone) verso l’Ucraina a partire dal 1° giugno. La misura era attesa da tempo ma la firma del decreto a poco più di 48 ore dall’apertura delle urne è stato unanimemente considerato la prima vera entrata a piedi uniti del Cremlino nella campagna elettorale del Tridente.

IL PESO DELLE ESPORTAZIONI di prodotti combustibili russi nel mercato ucraino è infatti rilevantissimo. Secondo il portale 112ua poco meno del 50% della benzina acquistata dall’Ucraina proviene dalla Russia. Stessa musica per il diesel. «L’anno scorso, le importazioni di gasolio russo sono aumentate del 10,7% , 5,81 milioni di tonnellate, un vero record» segnala la rivista OilMarket. Secondo Sergey Sapegin del centro «Psichea», il bando totale «sulla fornitura di diesel provocherà un’enorme deficit nel mercato interno con un boom dei prezzi e della speculazione». Ne risentirà anche l’industria metallurgica. Infatti il 55-60% del carbone per uso domestico e industriale viene importato dalla Russia: nel 2017 il paese slavo ha importato 15,8 milioni di tonnellate di coke di cui 10 provengono dalla Russia.

SOSTITUIRE LE IMPORTAZIONI russe rapidamente ad oggi è impensabile: le infrastrutture portuali e ferroviarie ucraine sono molto fragili e la diversificazione auspicata da Zelensky in campagna elettorale per ora è pia illusione.

Secondo Strana, giornale filo-russo di Kiev, Putin avrebbe atteso la fine della campagna elettorale per giocare questa carta. «Le sanzioni su petrolio e gas sono una misura estremamente dura che Mosca non ha usato durante i 5 anni di conflitto. Ed è chiaro il perché. Tali sanzioni avrebbero causato, se imposte in precedenza un balzo dei prezzi alla pompa e interruzioni della distribuzione. E questo, riteneva il Cremlino, avrebbe potuto rafforzare la retorica anti-russa di Poroshenko, aumentando le sue possibilità di restare per un secondo mandato. Invece, Mosca ha scelto la tattiche del soft-pressure. Così la simpatia della popolazione per la Russia è aumentata e la strategia di Poroshenko “O io o Putin” è fallita» scrive Strana.

ORA LA SPADA DI DAMOCLE del blocco energetico penderà sulla testa di Zelensky, il quale non potrà parlare di guerra a tutto campo con la Russia sedendo però comodamente sui flussi energetici da Mosca. E ciò permetterà a Putin di chiedere trattative serrate e concrete sull’annosa questione del Donbass.
Si tratta di questioni a cui però gli ucraini inizieranno a pensare forse da lunedì.

OGGI TUTTO IL PAESE si appresta a seguire chi sugli spalti e chi da casa il dibattito finale tra i due candidati giunti al ballottaggio, nello stadio olimpico di Kiev. Sin dal mattino sono iniziati ad arrivare un po’ da tutto il paese i torpedoni dei sostenitori di Poroshenko, i quali hanno poi invaso il centro, in un clima da sagra paesana e derby di provincia più che da kermesse del ventunesimo secolo.

«Il bus l’ha organizzato il capoufficio dell’amministrazione del comune» dice una signora. «A mezzogiorno ci porteranno in trattoria e poi tutti allo stadio» ricorda un signore più entusiasta della prima parte del programma che della seconda. «Io comunque voto per chi mi pare» aggiunge una ragazza facendo intendere la sua preferenza per il comico televisivo, iI cui sostenitori stanno arrivando invece alla chetichella. Alla 16 precise sono stati aperti i cancelli dello stadio: sono in programma ben 3 ore di concerti delle più celebri pop-star del paese prima dell’inizio del confronto.